Gli stipendi peggiori dal 1983, lo dice l'Istat

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Mentre qualcuno tecnicamente ci spiega che la recessione durerà per tutto il 2012 e che già dal prossimo anno la situazione migliorerà, l’Istat impietosamente fotografa una situazione che non lascia presagire nulla di buono. A marzo le retribuzioni sono rimaste ferme, mentre si è allargata la forbice tra retribuzione contrattuale oraria e livello di inflazione.

E non basta. Sempre nel mese di marzo un lavoratore dipendente su tre nel settore pubblico (il 32,6%) è in attesa del rinnovo del contratto di lavoro.  Nel settore privato la percentuale è invece del 12,3% (uno su sei), ma con maggiori incertezze future.

Susanna Camusso per la Cgil, quasi banalmente ci spiace dirlo, commenta così i risultati dell’Istat: “I lavoratori pubblici sono al quarto anno di blocco contrattuale l’Istat conferma quello che la Cgil dice da tempo, ovvero che la condizione di reddito dei lavoratori continua a peggiorare e i contratti del lavoro privato si rinnovano con grande difficoltà”. Sarebbe lecito aspettarsi anche proposte concrete invece di facili proclami.

Ma cosa ci indica questa impietosa “fotografia” del sistema-Italia? Banalmente potremmo dire che siamo in piena crisi, in piena recessione. Ma appunto sarebbe banale. Proviamo a spostare in avanti lo sguardo, non di troppo, lo portiamo al 2013, appena meno di un anno.

Probabilmente nel corso di questo 2012 migliaia di altre imprese medio/piccole saranno costrette a chiudere e licenziare, i fallimenti porteranno a gravi perdite su crediti di aziende fornitrici che -pur rimanendo sul mercato- andranno incontro a perdite di incassi e vedranno restringersi il loro parco clienti. Tutto questo mentre da settembre l’Iva passerà (per tutti) al 23% e le famiglie avranno sempre meno soldi da spendere a causa della crisi di stipendi e liquidità. Il mercato immobiliare risente già oggi di una stasi preoccupante, aggravata dall’intollerabile atteggiamento delle banche (aiutate sempre con i soldi di tutti i cittadini) che invece di finanziare famiglie e imprese continuano a investire sui mercati asiatici in titoli di dubbia certezza. Semplicemente in nome della speculazione.

Chi e come pagherà le nuove tasse? Chi e come inizierà a restituire i soldi al FMI e alla BCE per salvare le banche?

E chi ci spiegava che la crisi del dannato “spread” era solo colpa del governo Berlusconi ora farfuglia frasi sconnesse per spiegare che ieri è risalito sol perché ai ricattatori finanziari internazionali non è piaciuto l’esito del primo turno di elezioni politiche in Francia.

Il governo Monti dovrebbe tecnicamente e praticamente spiegarci, una volta per tutte, come fa un’economia a risollevarsi in un anno quando a dominare è il ricatto dell’establishment finanziario fondato sulla carta straccia. Establishment che Monti conosce discretamente e che si guarda bene dall’attaccare.

Forse, dignitosamente, il popolo italiano merita questa spiegazione. Di promesse ne ha già sentite tante dalla politica degli ultimi trent’anni. E nessuno più, di destra o sinistra o anarchico, ci crede più.

Luigi Asero

 



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