Che cialtroni questi Forconi!: (il perchè della protesta spiegato da un agricoltore)

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Finalmente i Forconi, dopo essere stati etichettati dall’opinione pubblica nazionale prima come fascisti, poi come mafiosi, hanno raggiunto il non invidiabile status di “Cialtroni”, che va bene un pò per riassumere tutto e niente.

A leggere l’intervista di tale Andrea Valenziani sul Corriere della Sera (unico agricoltore siciliano intervistato, peraltro, nel caos forconesco), sembra che in Sicilia in realtà vada tutto bene:

«La Sicilia è piena di persone che la rivoluzione vera la fanno ogni giorno. In realtà è una cosa facilissima da fare, basta rispettare le regole. Lo si fa in silenzio, non con gli schiamazzi. É una cosa facilissimo da fare: basta rispettare le regole»

I mali della Sicilia agricola sarebbero dunque da addebitarsi al mancato rispetto delle regole. I Forconi non sarebbero altro che una accozzaglia incivilizzata ed indisciplinata non in grado di intercettare le richieste del mercato globale, un residuo rigurgito della Storia che emette il suo ultimo reflusso (burp!).
Insomma, ma che vadano a quel paese, dunque, questi incapaci, invece di bloccare una Regione intera, provocando disagi ai più e danneggiando la vera Sicilia moderna, intenta addirittura facilmente, a rivoluzionarla (una volta finito, spero raggiungano anche il Continente, questi Rivoluzionari del silenzio, così risolvono anche il problemi del resto del Mondo).

Bene, sono un agricoltore anche io, ed ho una azienda agricola in Sicilia, che sinora mi ha permesso di vivere con dignità e sobrietà, sacrificandomi certo in prima persona in ogni attività soprattutto manuale. Poi faccio il blogger per svago, per tenermi aggiornato sulle vicende del mio settore, e mantenere un minimo di dimestichezza con la parola scritta che certo la vita agricola integrale non sollecita.
Ebbene io con i Forconi c’ero, perché per la mia esperienza, qui in Sicilia non va così bene da alcuni anni, e in prospettiva ancora meno, per chi ha una attività produttiva e deve affrontare il mercato globale.
Proverò a spiegarvi il determinante ma semplice aspetto economico che sta alla base della nostra crisi, tralasciando tutti i tipici e ben noti problemi siciliani, che ovviamente lo esaltano. La mia azienda, come qualsiasi attore economico che affronta senza alcuna protezione il mercato globale, è costretta da un lato a vendere le produzioni agricole al prezzo del libero mercato, ma dall’altro ad acquistare i mezzi tecnici per produrle (gasolio, concimi, etc.) a prezzi condizionati dalle politiche fiscali dello Stato.
Per fare un esempio clamoroso, mentre il mio frumento duro viene venduto più o meno al valore a cui lo vende il mio concorrente USA o Canadese (i più temibili competitori nel settore), il costo del gasolio per produrlo (pur avendo il barile di greggio più o meno la stessa quotazione sia in America che in Italia) nel mio caso è del 40 % superiore. Ed il gasolio è alla base dell’agricoltura meccanizzata moderna, costituendone direttamente e indirettamente, la voce di costo maggiore del bilancio aziendale. Questo avviene naturalmente in misura più o meno simile, non solo per il grano ma per ogni commodity agricola italiana che affronti direttamente il mercato, ed anche, seppure con minori sperequazioni, nei confronti degli stessi paesi agricoli della U.E.
Chiunque potrà facilmente capire che anno dopo anno, la mia posizione e quella dei miei colleghi rispetto ai concorrenti globali diventerà sempre più debole, visto che i minori ricavi non ci consentiranno di adeguare l’azienda alle nuove sfide che via via si pongono.
Ma cosa è accaduto di traumatico ultimamente, perché l’esplodere della protesta Forcona?
Il governo Monti con le norme “Salva Italia”, ha aggredito il settore agricolo in maniera inusitata facendo lievitare i costi fissi e variabili sino al 300% in alcuni casi, tanto che anche nel ricco varesotto recentemente gli agricoltori hanno registrato difficoltà economiche mai registrate prima (capperi, dovremo mandargli il buon Valenziani, a fare un corso di rispetto delle regole in silenzio).
Evidentemente se già in un territorio ricco e logisticamente ben posizionato come Varese, si è creato un clima di preoccupazione, in una Regione periferica come la Sicilia, questi provvedimenti sono stati la miccia per l’esplosione di una veemente protesta.
Qui infatti una parte del mondo agricolo, quella meno evoluta certo, ma soprattutto meno ammanigliata al potere – i finanziamenti PSR vengono gestiti esattamente come state malignando- era già in una situazione di grave crisi economica, in parte senza dubbio per proprie colpe storiche (ma li vogliamo quindi sopprimere, per questo?). Qui, come in Sardegna ed altre zone depresse, la Riscossione Sicilia-Serit (la nostra Equitalia, perchè noi siamo autonomi), distribuisce alacremente, con rara efficienza per un ufficio pubblico siculo, ipoteche e fermi amministrativi.
Proprio le pendenze Serit ed il nuovo consistente aumento delle accise sul gasolio dettato dal Governo Monti sono state il collante che hanno unito agli agricoltori, gli autotrasportatori ed i pescatori. A questo blocco che ha rappresentato il nocciolo duro e numeroso della protesta si sono uniti gruppi di studenti, artigiani e piccoli commercianti di paese, frange di forzanovisti, qualche sospetto mafioso (ma di cosca perdente) ed un “parrino” (mai la Chiesa fu così silente, in Sicilia). Tutto qui, nessuna ideologia o grande obiettivo comune, che non sia quello di sopravvivere qualche anno di più.
Cosa chiedono i Forconi?
Soltanto un po’ di equità sociale, con quale ricetta fate voi.

Dal blog: durodisicilia.blogspot.com

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