Il crac dell’economia e l’involuzione culturale

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La scuola, non dimentichiamoci, assolve un ruolo importante e di primaria importanza in una civiltà moderna e competitiva.

E’ l’agenzia educativa più importante per l’inserimento e l’integrazione di ogni soggetto attraverso lo sviluppo equilibrato ed integrale della sua personalità.

Lo prepara e lo immette in un contesto che lo porterà, se ne avrà le doti, a livelli sempre più elevati.

Favorisce, quindi, la formazione del perfetto cittadino che è tale quando partecipa attivamente sia al processo ontogenetico che filogenetico, diventando protagonista non solo della propria evoluzione, ma anche di quella dell’intera società.

Un settore poco in vista nel pianeta scuola e sicuramente di poco interesse collettivo è la disabilità crescente che si riscontra presso tale struttura.

Ed è su questo, che voglio fare alcuni accenni.

Disabilità che per via, di nuove e vecchie patologie avrebbe bisogno di strutture e mezzi adeguati.

Al contrario invece, senza quasi accorgersene vengono erosi non solo i diritti fondamentali di chi ne è affetto, ma anche le basi sulle quali poggia una comunità al passo con i tempi.

Ribadisco questo perché se i comuni mortali tendono sempre più ad una scalata al miglioramento, inteso come benessere e successo, altrettanto dovrebbero fare gli Stati più evoluti.

Proprio lo Stato italiano è stato il primo in Europa ad abolire le classi differenziali (1977), introducendo la figura dell’insegnante specializzato per favorire l’integrazione a scuola degli alunni disabili.

A tal proposito, nel 1992 è entrata in vigore la legge quadro 104 volta non solo a tutelare detti soggetti in ambito scolastico, ma anche a garantirne l’inserimento nel contesto lavorativo ed, in senso più ampio, nell’ambito sociale.

Oggi, però, la scuola, a causa dei tagli provocati dalle varie riforme ed in particolare da quella Gelmini, non sempre riesce ad assolvere tale compito.

Mentre, infatti, il numero dei diversabili è in continuo aumento, quello delle cattedre disponibili per i docenti specializzati si riduce.

E’ dal 2002, cioè dalla riforma Moratti, che il rapporto 1/1 diventa sempre più raro, poiché viene garantito solo in quei casi cui è riconosciuto l’art.3, comma 3 della legge 104.

Questi soggetti, però, prevalentemente sono affetti da sindrome di Down disabilità che, nella maggior parte dei casi, risponde maggiormente agli interventi educativi-didattici e non comporta problemi relazionali.

Spesso, ci si ritrova, invece, ad interagire con alunni autistici gravi i quali non essendo annoverati nel comma 3, vengono inseriti in classi numerose e con altri diversabili.

Tutto ciò determina non pochi problemi, come quelli relativi all’incolumità di tutti gli alunni, che viene messa a repentaglio per l’aggressività e  incontrollabilità di questi soggetti; per finire alla difficoltà di attuare un adeguato percorso didattico per gli altri alunni diversabili i quali, essendo meno gravi, vengono meno attenzionati.

Non solo, ma se fino a qualche anno fa i genitori degli alunni disabili potevano fare ricorso al TAR affinché venisse riconosciuto al proprio figlio il diritto all’istruzione, e dunque il docente specializzato, oggi bisogna versare ingenti somme di denaro per fare tale ricorso, che pochi hanno la possibilità di anticipare.

Ad aggravare la situazione gli ulteriori tagli di questi ultimi due anni, durante i quali il Ministero della Pubblica Istruzione ha pensato bene di ridurre di circa 42.000 unità il corpo docente, nonostante il numero degli alunni sia in continuo aumento.

Parliamo in questo caso, di tutti i docenti, non solo di quelli specializzati.

Così ci si è ritrovati a dover lavorare in classi molto piccole che accolgono un numero di alunni superiore a quello previsto dalle norme e che impongono uno spazio di 2 mq a testa e un tetto massimo di 26 alunni per aula.

Aule quindi sovraffollate, spesso piccole e fatiscenti che accolgono fino a 30 alunni e più.

Ritornando ai diversamente abili, la legge fino a qualche anno fa, prevedeva un massimo di 18 alunni per classe in cui vi fosse la presenza di un bambino affetto da handicap.

Oggi l’art.5 del Regolamento sul dimensionamento delle classi delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità, prevede 20 unità in presenza di grave disabilità, fino ad un massimo di 22 alunni in presenza di due certificati come “lievi” e non più di 25 alunni in presenza di un bambino certificato sempre come “lieve”.

Nella realtà dei fatti, invece, la maggior parte delle volte ci si trova di fronte a classi dove il numero degli alunni è in media 25-27 inpresenza di 1 o 2 alunni disabili, uno dei quali grave.

E’ d’uopo, allora, ricordarela Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale che ha ribadito il principio secondo cui i tagli alle spese non possono comprimere il nucleo essenziale dei diritti costituzionalmente garantiti, come quello allo studio degli alunni con disabilità.

Ancora il Ministero, già nel 2009 attraverso specifiche circolari, per elevare il numero degli allievi per classe, chiedeva alle scuole di ingrandire le aule, abbattendo addirittura i muri o modificando la struttura scolastica.

In questo caso, i dirigenti dovrebbero avere non solo la certificazione ASP in merito all’agibilità, ma prima ancora, chiedere al Comune o alla Provincia di ampliare le classi.

Qualora ciò fosse impossibile si può ovviare sdoppiando le prime classi dietro consenso dell’USR.

Ma se ciò è possibile per le prime cosa fare con le successive classi? Sdoppiarle tutte, abbattere tutti i muri?

Alcuni movimenti sono intervenuti in difesa della scuola evidenziando come questi provvedimenti vadano a colludere con le suddette norme sulla sicurezza.

Il Testo Unico del 9.4.08, infatti, indica proprio i dirigenti scolastici (oltre ai rappresentanti della sicurezza all’interno delle scuole) come responsabili di tali aspetti, su cui sono chiamati a vigilare le ASP e il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco.

Nonostante la legge sia chiara, ancora oggi ci si trova a lavorare in scuole vecchie, con impianti vetusti o edifici nuovi messi su in poco tempo o da poco restaurati che in men che non si dica vengono intaccati dal tempo o dagli agenti atmosferici.

Insomma lavori fatti male e non conformi alla regola eseguiti con materiali scadenti e che durano il tempo di una inaugurazione; pochi i controlli.

E’ in questa direzione, purtroppo che la scuola italiana, considerata tra le migliori al mondo, sta andando.

Ma allora, come può la scuola in queste condizioni riuscire davvero ad offrire pari opportunità e ad essere di tutti e per ciascuno? Quella attuale può ancora essere considerata una scuola di qualità e tra le migliori al mondo? A voi la risposta.

A me tristezza e  rabbia perché vedo il mio paese affondare, e non solo economicamente.

L’appello è sempre quello: politica svegliati!

BS & TB

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