Le “sirene” d’oltre Atlantico vogliono una completa destabilizzazione

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È in atto un progetto per indebolire l’Italia, con forze politiche frazionate e conflittuali, per garantirne una dipendenza indispensabile e l’effettivo controllo del Paese?

Illustri personaggi del mondo politico e dell’imprenditoria finiscono nel tritacarne delle inchieste giudiziarie e delle prime pagine dei giornali, mettendo in evidenza un’acuta conflittualità fra le Procure

Negli ultimi mesi abbiamo assistito al proliferare di inchieste giudiziarie sempre più estese che hanno coinvolto politici ed imprenditori di rilievo in fatti gravi, spesso gravissimi, e risse di vertice nel PdL con protagonista Fini, in un crescendo rossiniano. L’ouverture alla fine di settembre, se non ricordo male, ad un convegno del neonato Pdl in Umbria. Gianfranco Fini introduce il suo intervento con le seguenti parole: “Io non ho nulla a che vedere con i grembiulini, io non ho nulla a che vedere con la P2, io non ho nulla da temere dalle inchieste sulle stragi”.
Proviamo a tradurre, senza vocabolario, dal politichese in italiano, cercando di cogliere il vero senso di quelle frasi. La traduzione più vicina alle intenzioni potrebbe essere:
Berlusconi è massone
Berlusconi è piduista
Berlusconi è implicato in qualche modo nelle stragi di Falcone a Capaci e di Borsellino in via D’Amelio.
Certo non appaiono essere delle frasi distensive, quanto hanno piuttosto l’aria di una vera e propria dichiarazione di guerra!
Non passano neanche una ventina di giorni e l’astutissimo Gianfranco Fini si fa beccare ad un convegno a parlare con un giudice presente con lui sul palco, pensando di non essere ascoltato mentre, invece, era registrato in un fuori onda. Argomento della conversazione una serie di commenti su un prossimo terremoto giudiziario in cui sarebbe coinvolto il premier Berlusconi per presunti rapporti con la mafia in relazione alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, per le rivelazioni del pentito Spatuzza. Comportamento non proprio amichevole nei confronti del suo amico Berlusconi ma, dati i comportamenti di Fini nel corso dell’ultimo anno, neanche tanto stravagante.
Invece, ci ha lasciato increduli il fatto che, nel corso dello stesso colloquio, a dire di Fini, nelle sue dichiarazioni, il summenzionato Spatuzza, nel corso delle sue deposizioni, avesse tirato in ballo anche l’ on. Mancino, ex ministro degli Interni ed attuale vice Presidente del CSM con accuse simili a quelle lanciate nei confronti di Berlusconi. La vera stranezza di queste rivelazioni di Fini al magistrato, nel fuori onda di cui sopra, è data dal fatto che quando è avvenuto il colloquio fuori onda, del coinvolgimento dell’on. Mancino, niente era trapelato ed il fatto era noto solo alla Procura di Firenze, luogo dove erano state rese le deposizioni. Fini si è dovuto rendere conto della gaffe perché, non appena avuta notizia del fuori onda, si è precipitato a telefonare all’on. Mancino scusandosi dell’accaduto e accampando implausibili giustificazioni come il dire che il suo nome gli era sfuggito per un lapsus. Non altrettanto ha fatto con Berlusconi, essendo in quel momento le accuse di Spatuzza nei confronti di Berlusconi già di dominio pubblico. Quindi, Fini si è preoccupato di giustificarsi con l’on. Mancino, perché si è reso conto che si era lasciato “prendere la mano” rivelando un segreto di cui nessuno era a conoscenza, all’infuori della Procura di Firenze. A questo punto sarebbe lecito chiedersi attraverso quale fonte diretta e da lui ritenuta affidabile, Fini potesse essere era stato messo a conoscenza di tale segreto. Si doveva trattare certamente di una fonte più che affidabile se Fini, notoriamente prudente, sia arrivato a commettere una tale leggerezza. Certo se la Procura di Firenze fosse in qualche modo sensibile ai consigli dei Servizi di Intelligence U.S.A. e se gli stessi avessero modo di esercitare la loro notevole influenza, almeno un elemento potrebbe orientare una convergenza con il fatto che Fini negli ultimi mesi si sia recato un paio di volte negli U.S.A. non in visita ufficiale, ma con delle motivazioni di viaggio assai poco convincenti, quasi a volere occultare i veri motivi dei suoi viaggi, i cui veri scopi potrebbero avere una credibile chiave di lettura in incontri con autorevoli rappresentanti dell’Amministrazione U.S.A. sempre più irritata con Berlusconi per le sue sortite in campo energetico e per i suoi conseguenti sempre più stretti rapporti con lo zar Putin.

Da quel momento Fini non perde occasione per manifestare i suoi distinguo rispetto a tutto quanto detto e fatto da Berlusconi. Sembra quasi che il suo unico vero scopo sia quello di minare dall’interno il PdL, dopo che il plateale disegno di spaccarlo è naufragato miseramente alla prima vera conta interna. Immaginiamo l’imbarazzo di Fini che, in qualche modo, doveva essersi fatto bello con i suoi interlocutori, garantendo il risultato che tale spaccatura avrebbe dovuto comportare e, condannandosi, così, a rincorrere una logorante guerra interna che ha, allo stato, come vero risultato, il fatto di trovarsi sempre su ogni argomento d’accordo con le opposizioni, tanto da essere oggi, da più parti, considerato il futuribile capo ideale del raggruppamento di centro-sinistra.
Per uno che proviene da un partito degli eredi della Repubblica Sociale Italiana di Salò che andavano a cercare “la bella morte” e per il quale fatto erano soliti cantare “le donne non ci vogliono più bene…. perché portiamo la camicia nera….” e che aveva come miti la Decima Mas ed il principe nero Junio Valerio Borghese, un percorso niente male! O forse avevano ragione gli storici che ipotizzavano una contiguità tra la rivoluzione fascista, di cui la Repubblica Sociale Italiana di Salò costituiva un ritorno alla matrice politico-rivoluzionaria, rispetto all’imborghesimento del ventennio, ed il comunismo. Chissà se il tortuoso percorso di Fini ha seguito questo tipo di processo o se le sirene di oltre Atlantico, poco propense ad analisi storiche attendibili, non seguano, nella loro azione, l’assai più rapido ed efficace fondamento della conquista dell’Impero Romano, il cui modus operandi era sintetizzato dal “dividi et impera”.
Quindi un progetto di un Paese debole con forze politiche frazionate e conflittuali, base certa per un continuo “stato di bisogno” che costituisce la migliore garanzia per una dipendenza indispensabile, fattore importante, secondo loro, per l’effettivo controllo.
Stia attento, comunque, Fini perché chi oggi lo loda sempre e comunque, domani lo butterà dalla torre, secondo quel gioco molto in voga, non solo in Italia, ma che qui da noi, un tempo, soleva chiamarsi “fotti compagno”.
In questi ultimi mesi, procedendo a cercare di dare un significato non convenzionale a fatti e circostanze accaduti, al di là dei significati apparenti, ci siamo imbattuti in nuovi derby. Un tempo i derby più importanti erano Milan – Inter; Roma – Lazio; Torino – Juventus. Oggi abbiamo scoperto che ne esiste uno ancora più importante: il derby Firenze – Roma.
In questo caso non si tratta di pallonate ma di vere e proprie cannonate non dirette ma per.…Procura! La Procura di Firenze, per come sopra denominata ed identificata, inizia a sparare cannonate contro un certo establishment (romano? aretino? fiorentino?), con rapporti con oscuri e potentissimi imprenditori vicini ai veri centri di potere ed ai così detti “servizi deviati” e con connivenze negli alti vertici della Procura di Roma, un tempo definita “porto delle nebbie”? Nessun problema. La Procura di Roma passa al contrattacco, colpendo Scaglia (Fastweb), il gruppo Telecom nella persona di Renato Ruggiero ed altri, il gruppo Finmeccanica ed oscuri ed inquietanti personaggi quali Gennaro Mokbel, gravitanti in ancora più oscure entità, ed anche il dr. Paolo Scaroni, vertice del colosso nazionale dell’energia ENI. Certo i fatti sembrano slegati se non fosse per una intercettazione finita sui giornali, riguardante l’ex capo dei Gip romani, il dr. Toro, incriminato anch’esso dalla Procura di Firenze, il quale candidamente, nel corso di una telefonata con il capo della Procura di Roma dr. Ferrara, avendo saputo della sua incriminazione e prima delle sue dimissioni, dice testualmente “adesso dobbiamo tirare fuori dai cassetti quelle carte” e, prontamente, inizia l’inchiesta della Procura di Roma di cui sopra, per fatti su cui si era indagato nel 2007. Sarà un caso? Fate voi! Certo, se non dovesse essere un caso, riusciremmo ad avere più di una risposta su fatti di cui, al contrario, ci poteva sfuggire la giusta collocazione. Un esempio? Ci stiamo chiedendo ancora come mai nella inchiesta di Firenze sia stato infilato il nostro, ancora per poco, attuale capo della Protezione Civile Bertolaso per il reato di corruzione, presumendo che l’invio, tutto da dimostrare, di una escort costituisse un elemento di corruzione.
Evidentemente deve trattarsi di uno scherzo, perché appare del tutto inverosimile il tipo di contropartita, assolutamente inadeguata rispetto al reale potenziale effettivo del capo della Protezione civile, con il potere a sua disposizione ed i mezzi conseguenti su cui avrebbe potuto avere incidenza. Facendo le debite proporzioni, è come se un funzionario pubblico, incontrando al bar un imprenditore con cui intrattenere rapporti legittimi per il proprio ufficio, fosse accusato di corruzione per avere accettato un caffè! Non ci pare oggettivamente un fatto da censurare. Oltretutto, senza volere entrare nel merito dell’inchiesta che non conosciamo, il fatto che il tam tam di tutta la stampa, di solito bene informata, batta su questo tasto, senza indicare altri consistenti motivi della presunta corruzione di Bertolaso, ci pare sospetto, come pure sospetto ci pare il tempismo con il quale è stato inserito nel “tritacarne”, soprattutto in relazione a sue imprudenti dichiarazioni subito dopo lo strano terremoto di Haiti, forse uno dei primi terremoti che ha caratteristiche che potremmo definire “selettive”. Proviamo a ricordarci delle imprudenti dichiarazioni di Bertolaso appena sbarcato ad Haiti, subito dopo il terremoto: “Gli americani non sono capaci di gestire una emergenza” e “sembra di assistere ad una invasione”. Le frasi potevano entrare nel novero delle tante dichiarazioni infelici cui siamo abituati se il giorno dopo l’Ambasciatore americano a Roma non fosse andato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, da cui la Protezione Civile dipende, a chiedere “la testa di Bertolaso”.
A questo punto, data la in usualità della richiesta, ci viene il sospetto che delle due frasi deve essere stata la seconda a suscitare tale inconsueta reazione e ci siamo cominciati a porre tante inquietanti domande. Gianni Letta ha giustamente difeso il ns. diritto all’autodeterminazione, respingendo la richiesta e, noi, parafrasando una celebre frase del mitico Totò, potremmo commentare, a proposito delle ingerenze U.S.A. “e dove siamo….nel Congo Belga”.
A proposito dell’infaticabile Gianni Letta, definito risorsa della nostra Repubblica, molta stampa bene informata ha ventilato l’ipotesi di un suo prossimo coinvolgimento nella inchiesta di Firenze; in questo caso, probabilmente per fare parte del derby, ma lato tribuna Roma, piuttosto che per il diniego agli U.S.A. A proposito, è Gianni Letta il braccio destro di Berlusconi o, invece, è Berlusconi il braccio destro di Letta?
Tornando al derby Firenze-Roma, sembrerebbe che la Procura di Firenze in qualche modo, certo involontariamente, si trovi schierata su un fronte per così dire “alleato” e finisca per colpire alleanze e collusioni più “de noantri”, mentre la Procura di Roma vada a colpire interessi e collusioni più “atlantiche”. Qualcuno che aveva a che fare con la Fisica e la Chimica ipotizzava per primo che “ad ogni azione corrisponde una reazione”. Forse anche in questo caso l’intuizione appare pertinente. Certo siamo in epoche di conflitti dove però gli eserciti ed i mezzi militari tradizionali vengono sostituiti da armi non convenzionali, ma la guerra per il predominio resta pur sempre la guerra!

Francis Drake

Originariamente pubblicato su “La Voce dell’Isola” n°11 in edicola il 22/06/2010

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