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Pag.6 - Crisi, l'amara realtà della provincia iblea

In edicola > Articoli pubblicati > N°13-14 2010

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In appena un anno, un pauroso calo nell’indice della ricchezza prodotta: il Pil, acronimo e indicatore magico di tutte le analisi sociali ed economiche, è crollato nel 2009 del 17%. Contestualmente, nel corso del biennio 2008/09, è diminuito del 3% il numero dei lavoratori occupati

Di ERNESTO GIRLANDO

Ce ne fosse uno - dico uno - che riesca a dire, con un sorriso gentile: "Ho torto, ho sbagliato, non sono stato all'altezza, chiudo e mi rifaccio una vita altrove. Grazie a tutti, non chiedete più mie notizie". Macché. Il nostro è un Paese di aventi co-munque ragione, e comunque meno torto di quanto ne servirebbe per mollare la presa. Brigatisti che dall'estero ci fanno sapere che "però" anche loro avevano una causa da servire, tangentisti che gridano alla persecuzione politica, rei che ribaltano il reato contro chi glielo imputa, bancarottieri che rivendicano i loro affari come idee brillanti e filantropiche avversate solo dalla cattiva sorte, imbonitori stroncati che ripartono da nuovi imbonimenti. Politici inabili che non schiodano manco a cannonate come se non sapessero far altro, nella vita, che ripetere se stessi e i loro fallimenti e addossare ad altri la colpa di qualunque rovina. I ro-manzi dell'Ottocento erano popolati da contesse perdute, eroi sfortunati, criminali redenti, tutti rosi dall'ossessione di voler "cambiar vita". Fuggivano via, attraverso uno squarcio delle loro esistenze, dal fosso dove erano precipitati. Qui invece, ogni fosso è presidiato a vita dal suo occupante fino a sfinire il pubblico. Anche a fronte di ogni evidenza.
Numeri, cifre che inequivocabilmente dipingono disastri, danno forma a palesi inettitudini sostanziate da opere e progetti che non si riesce mai a portare a termine: sempre colpa di qualcun altro. Una volta la crisi internazionale, un'altra i burocrati romani, il governo, l'Europa, i numi avversi.
Anche di fronte all'ennesimo studio di settore che delinea una realtà amara per la provincia iblea. Commissionato da Union-camere a una società specializzata in indagini socio-economiche, esso tratteggia un quadro di traballante declino di un'area in forte recessione, che ci costringe a rivedere, una volta ancora, i modelli interpretativi fin qui adoperati per la lettura della realtà socio-economica, politica e culturale di quella che fu la Contea di Modica e il "modello Ragusa".
A snocciolare le cifre si rimane di stucco. Secondo i dati forniti dal Gruppo Clas, Ragusa accusa, in appena un anno, un pau-roso calo nell'indice della ricchezza prodotta: il Pil, acronimo e indicatore magico di tutte le analisi sociali ed economiche, è crollato nel 2009 del 17%. Contestualmente, nel corso del biennio 2008/09, è diminuito del 3% il numero dei lavoratori occupa-ti. Dato arginato solo (e per il momento) dalle 980.000 ore di cassa integrazione di cui hanno "beneficiato" i lavoratori. Le pro-spettive dunque sono ancor più buie se consideriamo che questo ammortizzatore sociale andrà a scadere nei prossimi mesi, con tutti gli effetti catastrofici che si riverseranno sulle famiglie e sull'intero circuito economico provinciale. Tutti gli indicatori pre-si in esame - produzione, relazioni, contesto - spingono verso un quadrante più basso la provincia iblea.
Le proiezioni sul primo semestre dell'anno in corso dicono che sarà un anno altrettanto duro. Pesa la crisi economica inter-nazionale, ma pesano i ritardi imperdonabili nella infrastrutturazione del territorio, la scarsa capacità organizzativa e di coesione delle imprese locali. Ad aggravare lo stato di crisi non c'è solo un'economia stagnante, c'è un settore pubblico che potrebbe da-re impulso e slancio e invece peggiora ogni cosa.
C'è il comparto edile, che è settore trainante in provincia di Ragusa insieme all'agricoltura, che registra un tracollo: nel 2009 hanno chiuso i battenti 357 imprese edili. E meno imprese vuol dire meno occupati. Traducendo in cifre: meno 12% (da 7.550 a 6.600). Difficoltà pesanti, aggravate dai ritardi di mesi, a volte di anni, con i quali le amministrazioni pubbliche saldano le fattu-re per i lavori affidati. Anche per l'Aeroporto di Comiso, la cui ditta appaltatrice dei lavori ha dovuto fare i conti con le lungag-gini del Comune che non ha mai pagato nei tempi dovuti le somme spettanti.
La vicenda dell'Aeroporto è emblematica dell'inettitudine di un intero ceto partitico provinciale. Tra giugno e luglio, altri due rinvii si sono aggiunti a quelli precedenti per la firma del protocollo di intesa sul passaggio del sedime aeroportuale dal Mi-nistero della Difesa al demanio comunale. L'on. Nino Minardo ogni volta non sa come giustificarsi. Basterebbe riconoscere i propri fallimenti e farsi da parte. Invece arriva financo a reclamare "un ruolo commisurato e direttamente proporzionale all'impegno profuso" nel consiglio di amministrazione della Soaco. Commisurato evidentemente al nulla che il suo impegno ha finora prodotto. Eppure l'Aeroporto, non ancora nato, è già oggetto dei formidabili appetiti della politica. Tutti in corsa per le posizioni di testa nella società di gestione, che rinnoverà a breve le cariche. Tutti i pluritrombati della politica provinciale si fan-no avanti: da Giovanni Mauro a Concetta Vindigni per la presidenza di Soaco. E poi ancora per le altre tre poltrone attualmente libere: la presidenza della Camera di Commercio, quella del Consorzio universitario, quella dell'Asi.
Tutti i capetti locali all'opera, a intessere trame e alleanze. Capetti, entro i ristretti confini municipali e provinciali, mentre al-trove scontano il loro peccato di nullismo. I Ras di paese, a Palermo e a Roma diventano puro spirito.
Questa mancanza di rappresentatività fa si che la provincia iblea arranchi agli ultimi posti di qualsivoglia indicatore econo-mico, di qualsiasi statistica, di qualunque analisi. Fa si che opere infrastrutturali, di cui gli iter di realizzazione sono in corso da venti o trenta anni, rimangano nei sogni di ciascuno. La pochezza e l'arroganza di rione sono i mattoni che costruiscono un Pa-lazzo marcio. Ma ciò non sia un alibi per la cosiddetta società civile il cui mito è, per parte sua, impallidito da tempo. Del resto a deviare dai giusti propositi si comincia da piccoli. Viviamo da quando siamo nati in questa terra e, bene o male, un'idea ce la siamo pur fatti: tra potere e società, in fondo, c'è pochissima differenza di calibro etico. La questione dei rapporti tra i politici e i loro elettori è molto controversa, più o meno come quella dell'uovo e della gallina. Elettori che considerano la furbizia una virtù eleggono politici che sono il loro specchio fedele. Affondare lo sguardo nel sociale, nei suoi vizi, nelle sue pieghe e nelle sue storture aiuterebbe sicuramente a capire molto di più l'anima profonda della gente che vive in questo remoto lembo di Sicilia.
Che fosse nel giusto Leonardo Sciascia quando parlava dell'irredimibilità di alcuni luoghi della nostra amata isola?


KamarinaPista dell'aeroporto di ComisoProtesta degli agricoltori a Palermo

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