La Voce dell'Isola


Vai ai contenuti

Menu principale:


Pag.3 - Problemi e danni del petrolio in mare

In edicola > Articoli pubblicati > N°13-14 2010

Share |

Cosa ha messo prepotentemente in luce la vicenda del pozzo della BP
Problemi e danni che si provocano con i versamenti del petrolio in mare


Per prima cosa è necessario capire cosa succede quando il greggio si mischia con l’acqua: molte reazioni avvengono contemporaneamente. Fino ad oggi manca un sistema sicuro per smaltire velocemente il greggio

di Sebania Libertino


Il disastro del Golfo del Messico ha evidenziato i limiti e i problemi che emergono nel trattare i versamenti di petrolio in mare, siano essi dovuti a collisioni navali o falle in pozzi petroliferi off-shore, come nel caso del Golfo. Per prima cosa è necessario capire cosa succede quando il greggio si mischia con l’acqua. Avvengono diverse reazioni chimiche e fisiche collettivamente note come degradazione (lett. weathering) che modificano le proprietà e il comportamento del greggio. Molte reazioni avvengono contemporaneamente, ma con il passare del tempo quasi tutte diventano meno importanti. Esse sono:
diffusione (spreading), evaporazione, ossidazione, emulsionificazione, dissoluzione, biodegradazione, sedimentazione e dispersione.
Non appena il greggio raggiunge la superficie dell’acqua comincia la sua
diffusione. La macchia si allarga più velocemente se l’acqua è calda e se vi sono forti correnti. Quando lo strato di petrolio in superficie diventa abbastanza sottile la chiazza si separa e si formano delle strisce chiamate “cumuli” (come le nuvole) che seguono la direzione del vento. La chiazza petrolifera riflette la luce del sole. L’ossigenazione dell’acqua avviene grazie alla fotosintesi clorofilliana del plancton e, se questo non riceve luce, la concentrazione di ossigeno nell’acqua diminuisce sensibilmente. Altro fenomeno che avviene non appena il petrolio raggiunge la superficie è quello dell’evaporazione. Gli elementi chimici più leggeri presenti nel greggio evaporano. Ovviamente anche questo fenomeno dipende dalle condizioni climatiche e dalla composizione chimica del greggio stesso. La percentuale di petrolio che evapora varia tra il 20 e il 60%. Ciò che resta, la parte densa, difficilmente potrà essere dispersa naturalmente. Entrambi i fenomeni citati si esauriscono in tempi dell’ordine della settimana. Man mano che il petrolio si degrada, esso interagisce con l’acqua e può dividersi in goccioline. La dispersione avviene quando queste goccioline si inabissano e si mischiano all’acqua. Questo processo può essere favorito dalla presenza di disperdenti chimici. Le gocce più grandi, però, possono risalire in superficie e formare una pellicola moto densa, la cui classificazione dipende dal colore che assume quando riflette la luce: lucentezza metallica, arcobaleno, ecc. E’ questa la chiazza che vediamo quando vi è petrolio in acqua. I tempi in cui avviene il fenomeno della dispersione sono dell’ordine del mese.
La
dissoluzione è in assoluto il fenomeno meno influente poiché compete con l’evaporazione ma avviene in tempi più lunghi (un mese contro una settimana). La frazione più leggera del greggio (quella che può evaporare) riesce a mischiarsi con l’acqua e a dissolversi in essa.
Quando le onde mischiano il greggio avviene l’
emusionificazione. Questo fenomeno può incrementare il volume del greggio fino a 4 volte formando quella poltiglia marrone-rossastro (spesso chiamata “mousse di cioccolato”) che spesso abbiamo visto sulle coste del golfo del Messico nelle scorse settimane. Quando avviene questo processo, gli altri meccanismi di degradazione diventano meno efficaci e il greggio resta in superficie per molto più tempo.
L’interazione degli idrocarburi presenti nel greggio con l’ossigeno disciolto in acqua ne causa l’
ossidazione e la conseguente formazione di catrame. Il catrame si presenta sottoforma di sfere dense e gelatinose, con una superficie solida di petrolio ossidato ed un centro più liquido, formato da petrolio meno degradato.
Infine, su scale temporali molto più lunghe, superiori all’anno, avvengono sia la
sedimentazione che la biodegradazione. Dopo che il petrolio si è disperso o mischiato con particelle organiche, esso raggiungerà il fondale (se non arriva sulla costa prima) dove si accumulerà e disperderà in cicli periodici. E’ vero che scompare alla vista, ma il fondale sarà irrimediabilmente inquinato.
Il fenomeno che avviene su scala temporale più lunga è quello della biodegradazione. Microorganismi quali batteri, alghe, lieviti, muffe, ecc. si nutrono degli idrocarburi presenti nel greggio. Questi microrganismi non riescono a separare grandi quantità di petrolio, ma possono agire sulla frazione dispersa e su piccole chiazze.
Abbiamo visto cosa succede alla chiazza nel tempo ma cosa succede alla flora e alla fauna marina? Gli effetti possono essere catastrofici, come purtroppo il disastro del golfo del Messico ci sta mostrando. Ci sono conseguenze dirette ed indirette. Le conseguenze dirette sono le immagini tristemente note di uccelli acquatici, anfibi (tartarughe, delfini) e pesci che, trovandosi ad attraversare la chiazza si sporcano e, nella maggior parte dei casi, muoiono. Le conseguenze indirette sono quelle sulla catena alimentare. Se il petrolio copre il sole distrugge il plancton e, di conseguenza tutti gli animali che di esso si nutrono e via dicendo fino alla scomparsa della fauna marina dalle zone colpite. Altro rischio è quello della contaminazione: la fauna sopravvive ma è fortemente contaminata e chi se ne nutre, uomo compreso, ne può essere avvelenato. Da qui il divieto di pesca emanato dal Governo Americano su un area pari ormai a oltre il 40% del golfo del Messico!
Come cercare di ripulire le acque? I metodi “tradizionali” consistono, nel posizionare delle barriere di gomma in acqua per contenere la chiazza e assorbirne una parte, e nello spargimento di reagenti chimici allo scopo di favorire la dispersione del greggio. Altro approccio è quello di causare dei “piccoli” roghi, che però non fanno altro che cambiare l’inquinamento da marino ad atmosferico. Ma questi sono solo dei palliativi poiché non si riduce l’inquinamento ma lo si rende invisibile, dato che il petrolio si depositerà sui fondali marini, continuando a distruggere la flora e la fauna. Un approccio più interessante è quello di utilizzare delle imbarcazioni chiamate skimmer (aspiratrici) il cui ruolo è di aspirare l’acqua mista a greggio. L’acqua “sporca” dovrebbe poi essere trattata in qualche modo per separare il greggio ed essere smaltita senza causare altro inquinamento. Ed ecco i numeri del golfo:mila persone impiegate per la protezione del litorale e della fauna selvatica, circa 1.400 imbarcazioni impegnate in mare, tra cui skimmer, rimorchiatori, chiatte e navi per recupero, contenimento e pulizia, oltre a decine di aerei, veicoli telecomandati, circa 1,9 milioni di metri di braccio di contenimento e 1,5 milioni di metri di barriera assorbente sono stati dispiegati per contenere la fuoriuscita. Sono stati recuperati circa 11,8 milioni di litri di acqua miscelata a greggio. E’ stata anche inviata da Taiwan "A Whale", lo skimmer più grande al mondo. E’ un cargo riadattato per l’emergenza e dovrebbe essere in grado di aspirare greggio dalla superficie del Golfo come nessun altro "skimmer" al mondo: fino a mezzo milione di barili al giorno, tanti quanti quelli raccolti in due mesi dalle centinaia di imbarcazioni-skimmer operanti nella zona colpita dalla marea nera. Se supererà i test sarà posizionata vicino alla falla e le altre imbarcazioni al momento operanti in quella zona, spostate verso la costa. Ma come ripulire realmente l’acqua? a questa domanda hanno risposto due ditte: una vanta tra i fondatori Kevin Kostner e l’altra è una ditta barese. Forse grazie alla notorietà di Kostner, oppure perché è una ditta americana, la BP ha ordinato l’acquisto di 32 centrifughe da quell’azienda. Ma, giusto per essere un po’ campanilisti, vediamo come funziona la macchina proposta dalla ditta Fluidotecnica, una piccola azienda di Bari. L’invenzione, commissionata da industrie meccaniche e realizzata in collaborazione con l’Università
è in grado di contenere sia il consumo di acqua, che di ridurre i costi di smaltimento dei residui. Il processo di separazione è totalmente ecologico e, soprattutto, il petrolio che si recupera è riutilizzabile. Il suo nome è “OilSep”, ossia “separatore dell’olio”: la usano già negli stabilimenti della Bosh e della Fiat. Anche il sultano dell’Oman ha deciso di acquistarla per la depurazione delle “piscine” della ricerca petrolifera.
Il principio che adotta non necessita né di centrifughe né di solventi o additivi chimici. La macchina usa solo un sistema a pompe e un procedimento legato alla fisica elementare visibile pure in un bicchiere d’acqua. Una pompa aspira il fluido dalla valvola da separare e lo immette in un serbatoio detto separatore. Il fluido con minor densità (es. petrolio, olio, nafta) si concentrerà nella parte superiore del serbatoio. Un livello visivo, posto al lato del serbatoio, segnalerà il livello massimo raggiungibile dal fluido a minor densità. Tale fluido verrà scaricato in apposite cisterne esterne al serbatoio, mentre l’acqua passerà nuovamente attraverso il sistema di filtraggio prima di defluire all’esterno. ripulire il delta del Mississippi servirebbero cento OilSep, e il loro funzionamento sarebbe facilitato dal fatto che la marea nera nel frattempo si avvicinerebbe ulteriormente alla costa. Questo separatore ha infatti bisogno di fondali bassi e mare estremamente calmo. Se la oilsep fosse acquistata dalla BP produrrebbe un risultato eccezionale per l’occupazione locale (ogni macchinario costa
300 mila euro) e per l’Italia tutta.
Ma torniamo sulle coste del golfo del Messico, l’altra sfida da affrontare è quella di ripulire le spiagge su cui si è già depositato il greggio. E’ di qualche giorno fa la notizia che la BP, invece di pulire le spiagge, le ricopre con sabbia pulita … quando si dice “occhio che non vede …”
Per la pulizia delle spiagge gli USA hanno indetto un concorso. Su oltre 400 idee sono stati “selezionati” 18 inventori che si sono riuniti su una spiaggia del Mississipi per mostrare ad un comitato di esperti le loro proposte. Tra le più fantasiose: l’utilizzo di rulli di fibra di cotone, che pressati sulla sabbia sporca catturerebbero il catrame; miscele di polimeri che assorbirebbero il greggio e non la sabbia; un erba particolare (kenaf) in grado di assorbire il greggio non appena raggiunge la costa; l’uso di muschio di torba modificato con lo stesso obiettivo. I valutatori non sono sembrati molto entusiasti delle idee proposte ma la spiaggia, dopo le dimostrazioni, sembrava davvero più pulita!



Torna ai contenuti | Torna al menu