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Il sepolcro inaccessibile

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È la travagliata storia del più grande monumento funerario della Catania romana, conosciuto erroneamente come la tomba di Stesicoro, e che viene qui presentato per la prima volta in tutte le sue parti nascoste e inaccessibili. Fino al 1991 si pensava che del grande monumento di epoca romana fosse rimasto solo il tratto che anche oggi è visibile dal chiostro dell’ex convento carmelitano, ma questa l’indagine dimostra che esistono ancora tre pareti complete e metà della volta. Pur essendo stato associato, dagli eruditi seicenteschi, alle figure di Sant’Agata e di San Leone II taumaturgo, di questo monumento, nel tempo, se ne è perso il ricordo e il significato. Sono veramente in pochi coloro che hanno potuto osservare questo monumento della città, ma in questo caso non è colpa della poca attenzione verso le testimonianze storiche della città che tuttavia caratterizza molti catanesi e i suoi amministratori (a onor del vero solo dal dopoguerra ad oggi). Il monumento scomparve dalla vista della cittadinanza già quando i frati Carmelitani iniziarono a costruire il loro primo convento, dopo la metà del 13° secolo, in quella vasta area fuori dalla Porta di Aci che nell’antichità era stata una delle necropoli della città. Poi, dal 1866, l’ex convento carmelitano, diventa in gran parte proprietà del Demanio militare e oggi è la caserma “Antonio Santangelo Fulci” sede del Distretto Militare di Catania. Quindi si tratta di un bene culturale che fin’ora è stato di difficile fruizione da parte degli studiosi e dei cultori in genere. Negli ultimi dieci anni però qualcosa è cambiato. Il monumento è stato studiato dall’autore grazie alle sue conoscenze storico-archeologiche in aggiunta a quelle topografiche e cartografiche comuni agli ufficiali di artiglieria. Ma non solo: nel mese di maggio 2006 le Autorità militari hanno aperto l’ingresso principale dell’ex convento carmelitano (da piazza Carlo Alberto che non veniva aperto al pubblico dal 1974) e hanno accolto l’invito del F.A.I. (Fondo Ambiente Italiano) per una visita guidata al monumento incastonato nelle strutture settecentesce del convento. Questo studio, che ha solo velleità divulgative, potrebbe essere il punto di partenza per restituire alla città di Catania un grande monumento che, oltre al notevole valore storico-archeologico, è anche una testimonianza della seconda metà del secondo secolo dopo Cristo; periodo in cui, secondo recenti ipotesi, la città di Catina ha assunto una particolare importanza in Sicilia dal punto di vista socio-economico.

NOTA BIOGRAFICA DELL’AUTORE

Corrado Rubino nato a Catania nel 1952, è un ufficiale di artiglieria contraerea laureatosi in Lettere e Filosofia presso l'Università di Catania con una tesi di Topografia Antica.
I suoi studi tecnici giovanili e la formazione specialistica informatica, dovuta al suo incarico di Capo Nucleo Elaborazione Dati del Distretto Militare di Catania, hanno fatto da supporto alla sua passione per la Storia e l'Archeologia che ha curato svolgendo un corso di laurea mirato appunto ad una formazione topografico-archeologica.
Ha collaborato, tra il 1992 e il 1995 con la cattedra di metodologia e tecnica dello scavo della stessa università svolgendo specifiche esercitazioni agli studenti del corso sull'uso dei sistemi informatici applicati allo scavo archeologico. Sempre in supporto alla stessa cattedra universitaria, ha partecipato, nel 1994, alla campagna di scavo archeologico della città romana di Corfiniun (L'Aquila) con compiti di responsabilità di uno dei settori dello scavo, e alla conduzione della documentazione grafica generale del complesso. Nel 1995, assieme ad altri studenti dell'Università di Catania e al seguito del prof. Edoardo Tortorici, oggi Ordinario della cattedra di topografia antica, ha partecipato alla campagna di scavo archeologico del Foro di Nerva in via dei Fori Imperiali a Roma: il primo degli scavi archeologici che la Sovrintendenza di Roma ha condotto interessando poi quasi tutte le aree che fiancheggiano il tratto di via dei Fori Imperiali, dalla Colonna traiana alla Basilica Emilia.
Lo studio che ha condotto alla pubblicazione sulla tomba romana del Carmine, ha avuto inizio nel 1992 quando iniziò a curare personalmente la ricerca storica e il rilevamento grafico del monumento che è erroneamente noto come "la tomba di Stesicoro" e a molti quasi sconosciuto.


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