Mediterraneo: si “dialoga” ma la pace non si trova

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di Salvo Barbagallo

 

Ufficialmente la “buona volontà” non manca: i rappresentanti di Paesi dell’area del Mediterraneo, infatti, periodicamente si ritrovano attorno ai tavoli di “discussione”. Come dire: si “dialoga”, ma nulla, nel tempo, volge al concreto e la prospettiva di una “pace” o di una “stabilizzazione” finisce con l’apparire come un miraggio. Dopo il recente summit di Palermo sullo scottante tema/problema “Libia”, voluto dal Governo italiano, che ha registrato autorevoli presenze, ecco riproporsi l’annuale incontro “romano” del “Mediterranean Dialogues”, promosso ancora una volta dal nostrano Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’ISPI. Un appuntamento importante che – almeno fino ad oggi – non è riuscito a raggiungere nessuno degli obiettivi che si è prefissato lungo il percorso, ma lasciando intatto (integro) il “dialogo”. Cioè, purtroppo, soltanto “parole” espressioni della citata “buona volontà” di raggiungere una meta condivisa.

Anche in questa circostanza fino a domani (24 novembre) a Roma si continuerà a discutere su problematiche significative, quali Prosperità condivisa, Sicurezza condivisa, Migrazioni, Società civile e cultura. Comparti di lavoro che, alla fine, si concluderanno con l’intervento del premier Giuseppe Conte che già a Palermo ha potuto dimostrare che – da parte “italiana” – c’è perseveranza e speranza nel voler raggiungere “qualcosa” che possa determinare una vera svolta.

Il programma dei “dialoghi” è certamente impegnativo, così come impegnativo è stato negli anni precedenti negli incontri tenuti nella Capitale, così come riportano le agenzie stampa: due sessioni plenarie, la prima attorno al tema della Sicurezza condivisa (‘La ricerca dell’egemonia regionale: prevenire l’escalation”) e la seconda nell’ambito della Sicurezza condivisa (‘Daesh/Isis: il giorno dopo. Contrastare una nuova ondata di estremismo violento’). Tra gli interventi della prima, il segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul Gheit; Ayman Al Safadi, ministro degli Esteri della Giordania; Anwar Gargash, ministro degli Esteri degli Emirati arabi uniti. Nella seconda sessione, tra gli altri, parleranno Mohamed Ali Alkhaim, ministro degli Esteri iracheno; Mohamed Taher Siala, ministro degli Esteri del governo di unità nazionale libico; Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato e il ministro della Difesa italiano Elisabetta Trenta. Subito dopo, due ‘dialoghi speciali’, con il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e, a seguire, con il vicepremier del Qatar Mohamed bin Abdulrahman bin Jassim Al-Thani.

Altri partecipanti di rilievo che sono presenti: il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov,  il sottosegretario di Stato Usa David Hale, Staffan De Mistura, l’inviato speciale Onu per la Siria; Claudio Descalzi, AD di Eni; Yuli-Yoel Edelstein, speaker della Knesset, il parlamento israeliano; Tarek El Molla, ministro del Petrolio egiziano; Rached Ghannouchi, presidente del partito Ennahda in Tunisia; Khemaies Jhinaoui, ministro degli Esteri tunisino; Nasser Kamel, segretario generale dell’Unione per il Mediterraneo; Riyad Malki, ministro degli Esteri palestinese; Abdelkader Messahel, ministro degli Esteri algerino; Alessandro Profumo, ad di Leonardo; António Vitorino, direttore generale dell’Oim.

Al via dei lavori del “Med Dialogues” il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente dell’Ispi Giampiero Massolo, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il presidente iracheno Barham Salih. Presenze qualificate, di alto livello e spessore, così come è avvenuto negli anni precedenti: come dire – ripetiamo – il segno che la “buona volontà” non manca c’è. I risultati? Questo è un altro discorso…

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