Alla Cattedrale di Palermo i funerali delle 9 vittime del maltempo a Casteldaccia

Un momento dei funerali (foto da LiveSicilia)
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In una Cattedrale gremita di folla si sono svolti i funerali delle nove vittime dell’esondazione del fiume Milicia a Casteldaccia. Le nove bare sono accolte all’ingresso da palloncini bianchi per le due piccolissime vittime di uno e tre anni, ci sono gli amici del quindicenne Federico, tantissime persone sono accorse per dare l’ultimo saluto alle vittime del disastro.

La cerimonia è officiata dal Vicario Generale Giuseppe Oliveri in assenza dell’arcivescovo Mons. Lorefice assente perché all’estero. Nell’omelia il Vicario ricorda anche il dr. Liotta, il medico che mentre si recava in ospedale a Corleone, sembra esser stato inghiottito nel nulla dopo una aver abbandonato la sua auto travolta dalla furia dell’acqua. Questi alcuni passaggi dell’omelia (da BlogSicilia):

Siamo ancora tutti sgomenti e increduli di fronte a quanto è accaduto  tre giorni fa; ma più di tutti lo sono, ovviamente, i familiari e gli   amici di queste vittime innocenti, a cui ci stringiamo oggi con tanto  affetto quanti siamo qui presenti e l’intera Chiesa palermitana – a   cominciare dal nostro Arcivescovo – anche se tutto questo, come ci rendiamo perfettamente conto, rappresenta ben poca cosa rispetto a ciò che essi stanno vivendo.

La morte è sempre dolorosa, ma lo è soprattutto quando essa viene improvvisa e inattesa a toglierci dal fianco le persone che amiamo, quelle su cui contavamo ancora e che erano parte della nostra stessa vita. Un affettuoso pensiero, ugualmente carico di umana e cristiana solidarietà, permettetemi di rivolgerlo anche nei confronti del dott. Giuseppe Liotta del quale continuano le ricerche e dei suoi familiari che vivono ore di ansia per il loro congiunto. Nonché delle altre vittime dei violenti nubifragi dei giorni scorsi. Tutti vogliamo qui raccomandare al Signore.
Certo, è lecito e forse anche doveroso, che anche ci si interroghi a tutti i livelli per cercare di dare una spiegazione a quello che appare inspiegabile e, comunque, inaccettabile. Ma speriamo vivamente che lo si faccia non per alimentare inutili polemiche o favorire il ben noto e insopportabile rimpallo di responsabilità, quanto per rendere giustizia, nella verità, a chi non c’è più e porre i necessari provvedimenti affinché si eviti il ripetersi di tali eventi.
Tuttavia, non è questo il momento e neppure  il luogo per tali considerazioni. Noi non siamo qui per compiere un gesto di umana convenienza, ma per manifestare a questa famiglia, colpita così duramente, tutta la nostra solidarietà, tutta la nostra partecipazione che qui si esprimiamo con la presenza e la preghiera. Sì fratelli e sorelle, soprattutto per questo siamo qui: per riaffermare la nostra fede nella risurrezione e nella vita eterna e per pregare, perché solo la fede e la preghiera in certi momenti possono sostenerci e possono costituire un riparo per l’animo comprensibilmente esasperato

L’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, seppur lontano dalla città ha voluto inviare un messaggio accorato alle famiglie delle vittime. Lo riportiamo

Care Sorelle, Cari Fratelli, mi trovo lontano da Palermo, ma sento l’urgenza di far giungere a voi la mia voce in un momento di dolore così forte e lacerante.  Di fronte alla morte innocente e allo strazio di chi resta non possiamo che levare lo sguardo verso il nostro Signore. Egli non offrì mai spiegazioni alle tragedie umane, ma si fece carico, con una commozione intensa, dei nostri smarrimenti e dei nostri lutti. Poniamo la sua figura davanti ai nostri occhi e contempliamolo sulla via di Nain, quando fremette interiormente – come ci racconta l’evangelista Luca (7, 11-17) – di fronte al funerale dell’unico figlio di una madre già vedova. Possiamo immaginare il grido di quella donna che risuona ancora oggi e che tocca nelle viscere me, vostro pastore, e tutta la comunità dei credenti in Cristo.

Osserviamo però al contempo anche il gesto di Gesù che, vedendo quel dolore, risuscitò il ragazzo e lo riconsegnò a sua madre. Questo gesto è per tutti noi fonte di speranza in mezzo alle contraddizioni e alle doglie del parto di questa nostra storia che rimane in attesa di liberazione e di vita piena (cfrRm 8, 22). Per questo insieme alziamo la nostra voce e gridiamo a Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, nostro Fratello e Signore: Gesù di Nazareth, dobbiamo fermarci, non possiamo proseguire oltre, indifferenti, dinnanzi a tanta sofferenza. Dobbiamo ‘sentire’ queste morti, far nostro questo dolore, compatirlo, portarlo insieme a quanti ora ne sono schiacciati. Dobbiamo cambiare. Tutti. Dobbiamo convertirci. Se non ci convertiremo… (cfr Mt 13, 5). Gesù facci guardare al mondo e agli uomini con i tuoi occhi, con stupore, rispetto, attenzione, amore. Facci abitare la terra da custodi sapienti e da pellegrini impavidi, non da padroni stanziali. Facci avvicinare ad ogni dolore per stendere le mani e toccarlo, assumerlo, fino a sentirlo nelle nostre viscere. Continua tu a narrarci che la tua incarnazione, la tua morte ingiusta – accolta liberamente e per amore – e la tua risurrezione sono la vicinanza di Dio che fa suo il travaglio e il dolore del mondo, il grido delle vittime che attendono riscatto e liberazione, gioia e vita, giustizia e pace.

Gesù, Agnello immolato e innalzato, mite e mansueto, tieni desta la nostra attesa. Ma tu non tardare! Vieni presto. Ascolta e vieni, non indugiare! Riscatta per Dio e per i giusti le vittime della storia, perché possano ereditare la terra, finalmente liberata dalle grandi  acque del male, della sofferenza e della morte. Amen.

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