Scuotere i “sistemi” fa prendere coscienza?

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di Salvo Barbagallo

 

Premessa: per principio radicato siamo contro i “poteri”, o meglio, contro chi fa un uso del “potere” a danno di altri. Nello stesso modo siamo contro i “sistemi” che alimentano il loro modo d’essere con l’uso incondizionato del “potere” che posseggono. Di conseguenza se c’è chi si adopera per dare spallate ai “poteri” o ai “sistemi di potere”, a costoro bisognerebbe dare il “benvenuto”, badando bene e tenendo sotto osservazione critica anche coloro che le spallate danno, nel timore che le spallate possono essere indirizzate all’acquisizione dei “poteri” che si intendono abbattere (nelle intenzioni e non nei fatti).

L’Italia, che piaccia o meno, ha oggi un Governo i cui protagonisti sono espressione di un voto popolare e si sta vedendo all’opera con azioni che molti approvano ed altri disapprovano: rientra nel gioco delle parti. C’è comunque una “novità” che sta affiorando nella collettività nazionale (che piaccia o no, che lo si ammetta o no, così è nei fatti): un “interesse” del tutto “inedito” verso le azioni che vengono portate avanti da chi rappresenta attualmente il Paese. È come se si uscisse (anche se a fatica) da uno stato di sonnolenza e disaffezione verso la politica, per prestare un’attenzione maggiore a cosa fanno a livello quasi individuale questi “rappresentanti” politici ai quali è stato dato (a volontà espressa con il voto) il “potere” di governare. C’è una posizione “critica” che in precedenza si è espressa con il rifiuto delle urne, con l’assenteismo cioè, mentre ora (almeno in apparenza) si manifesta con una sorta non pienamente identificata di “vigilanza”. Finalmente una presa (o ripresa) di coscienza da parte dei cittadini? Troppo presto per dirlo: bisognerà attendere da una parte che sbocco daranno le iniziative del Governo e, dall’altra parte, come i cittadini interpreteranno e reagiranno a ciò che verrà fatto e a ciò che non sarà fatto. Come dire, insomma, che, forse, le “belle parole” non incantano più.

Il premier Giuseppe Conte

È quanto sta accadendo (a nostro avviso, ma come al solito potremmo essere in errore) con le enunciazioni del vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, e con le prese di posizione dello stesso premier Giuseppe Conte in ambito europeo sul problema dei migranti. Un banco di prova? Non soltanto, a nostro avviso.

Di concreto ci sono le “spallate” ai “sistemi”, e si è visto nella lunga notte del summit di Bruxelles quando alla fine, dopo “trattative” portate avanti per oltre tredici ore i partner UE hanno dovuto raggiungere un “accordo” sulle indicazioni “imposte” dal premier italiano sui migranti. Un accordo che non è granché, tirate le somme, perché siamo convinti che la situazione migranti non è stata risolta, né si risolverà. Ma intanto sono passati due fondamentali principi: “Chi arriva in Italia arriva in Europa e tutte le navi che arrivano nel Mediterraneo devono rispettare le legge, quindi anche le ong” e “la necessità di riformare Dublino e quindi anche tenendo conto delle persone che vengono soccorse in mare”.

Non dovrebbe sfuggire – ed è il punto che riteniamo più significativo scaturito dal vertice europeo – che a Bruxelles non si è visto un premier con “il cono in mano” scodinzolare dietro la Merkel o altri partner, ma un premier che ha espresso chiaramente la “posizione” del Governo italiano senza assoggettarsi alle violenze verbali precostituite (quelle di Macron, per esempio). Questo lo definiscono “sovranismo”? Per noi è solo “farsi rispettare”.

Una spallata, dunque, ai “sistemi” che vorrebbero predominare in Europa: noi la vediamo così (ma, come al solito, potremmo essere in errore…).

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