L’Italia (da) sempre al servizio d’interessi altrui?

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di Salvo Barbagallo

 

È estremamente difficile, oggi come oggi, trasmettere un’opinione e “convincere” uno (o più) interlocutori che quell’opinione sia giusta. Ciò accade perché tutti (o quasi) ritengono che la propria opinione sia infallibile e quella altrui non vale la pena d’essere presa in considerazione. Trasmettere un’opinione (a nostro avviso) significa aprire un confronto con chi si intende interloquire, e l’interlocutore (se veramente aperto al confronto) deve dimostrare che l’opinione che gli viene sottoposta è giusta o errata, e se ritenuta errata deve avere la capacità di sottolineare a chiare lettere dove sta l’errore. Le opinioni sono uno degli elementi fondanti di una Democrazia reale: possono condurre al dialogo oppure allo scontro ma costantemente su un livello di rispetto reciproco che non tocchi la tolleranza che si deve nutrire anche verso chi si possa trovare su posizioni diametralmente opposte.

Nel nostro caso la “metodologia” che mettiamo in atto quando parliamo di eventi attuali che non si comprendono nella loro effettiva natura è quella di volgere uno sguardo (più approfondito possibile) su quanto accaduto in precedenza (mesi, anni, decenni) per cercare di individuare le “radici” di quell’attualità che non si capisce. Dunque partiamo sempre dall’analisi di fatti accaduti (spesso documentabili) annotandone le ripetitività che sfuggono all’attenzione, considerando il mutare delle condizioni che caratterizzano un determinato periodo storico e le varianti e le variabili che ne scaturiscono anche in riferimento ai personaggi che si ritrovano ad essere protagonisti nei tempi che si susseguono, eccetera, eccetera. Come dire, l’opinione  non è fine a sé stessa, ma è il frutto di un percorso dove la conoscenza degli accadimenti è fondamentale e senza la quale l’opinione non avrebbe ragione d’essere.

Ecco il titolo di questo “articolo” che mette in gioco l’opinione: “L’Italia (da) sempre al servizio d’interessi altrui?” Se fossimo veramente in un stato di Democrazia il punto interrogativo non dovrebbe esserci, ma poiché si deve avere preoccupazione (se non paura) ad esprimere liberamente il proprio pensiero per evitare chissà quali ripercussioni negative, il “punto interrogativo” lo manteniamo, sperando che quel che ne può conseguire non ci ponga sotto scopa.

Riteniamo d’avere espresso piuttosto chiaramente la nostra opinione negli articoli scritti nei convulsi giorni del tentativo di formare un Governo Cinque Stelle/Lega, anticipando (per come abbiamo potuto) la circostanza che il Governo non sarebbe nato. Avevamo la cosiddetta “palla di cristallo” che ci consentiva di prevedere il futuro? Ma quando mai… La contrarietà sul nome del professore Savona? Un pretesto plateale… I mass media stranieri (soprattutto quelli tedeschi) già avevano dato l’imprimatur per il fallimento del tentativo di formare il Governo, tenuto conto che i Servizi segreti di quel Paese avevano già minacciato di interrompere i rapporti di collaborazione con i colleghi italiani. Le parole pronunciate “dopo” dal Capo dello Stato e dai rappresentanti delle forze sconfitte, Di Maio e Salvini? Scontate… Quanto meno. Ora c’è da riconoscere che i “risparmi” degli Italiani sono al sicuro? Da chi? Ora le imprese straniere torneranno a investire tranquillamente in Italia? A danno oppure a vantaggio di chi? Ora si va verso il Governo del Presidente? Sicuramente, fiducia o non fiducia alle Camere poco importa: è stato superato il pericolo di un Governo Cinque Stelle/Salvini! Che questo “dettaglio” equivalga ad avere annullato la volontà della maggior parte degli Italiani, volontà espressa con il voto, poco importa. Si tornerà a votare e si riproporranno le stesse condizioni? Possibile ma non certo.

In questa vicenda (comunque ancora non conclusa), che di ingarbugliato ha solo l’apparenza, hanno giocato alcuni elementi che (a nostro avviso) dal cosiddetto establishement (o cosiddetti “Poteri forti”) non erano stati messi in conto: innanzitutto il risultato elettorale e, poi, l’alleanza Cinque Stelle/Lega per formare il Governo. Il risultato elettorale poteva essere fronteggiato grazie alla presenza di Berlusconi nel centrodestra, il duo Salvini/Di Maio una gatta da pelare. Il finale del film, come detto, scontato data la presenza delle garanzie nazionali del Capo dello Stato.

Sergio Mattarella, deputato della DC già nel 1983, ha attraversato le fasi più delicate della Repubblica Italiana: conosce tutto ciò che un politico “doc” deve conoscere, e lo ha dimostrato e lo sta dimostrando anche in questi giorni. La “minaccia” di impeachment, cioè la messa in stato d’accusa per attentato alla Costituzione, avanzata da Luigi Di Maio e Giorgia Meloni probabilmente lo avrà indispettito, ma probabilmente lo avrà fatto anche sorridere. In fondo, chi è stato ed è Sergio Mattarella lo sanno milioni di persone, così come sanno cosa ha rappresentato e rappresenta.

Dunque? L’interrogativo del titolo offre la stessa risposta. E la “storia” d’Italia sta a ricordarcelo.

E per dare l’opportunità di comporre un’opinione su quanto sta accadendo oggi nel Paese, riandiamo indietro negli anni (molto indietro) per mettere in luce come le interferenze straniere (al di là dei livelli) sulla vita del Paese ci siano sempre state, riportiamo parte di un documento tratto dalla relazione di minoranza del Movimento Sociale Italiano, presentata al termine dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia della VI legislatura:

(…) il 12 marzo 1947 il Presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, di fronte al forte espansionismo sovietico nell’Europa orientale, pronunciò dinanzi al Congresso il celebre discorso che sarebbe stato ricordato come l’enunciazione della dottrina che porterà il suo nome. In base ad essa gli Stati Uniti si facevano carico di proteggere militarmente qualsiasi zona del mondo fosse stata minacciata da eserciti di paesi comunisti e da forme di guerriglia comunque appoggiate da paesi di area comunista. Una enunciazione programmatica, che informò di sé tutta la politica statunitense del successivo quarantennio. Sui riflessi che tale politica ebbe nella situazione interna italiana la Commissione ha già ampiamente riferito al Parlamento nella prerelazione relativa all’organizzazione Gladio. Sono dati su cui appare ora opportuno ritornare nella prospettiva di un’indagine volta a ricostruire una realtà storica complessiva, di cui l’attivazione della struttura Gladio costituisce soltanto un momento. In tale direzione indagativa la Commissione ha già sottolineato l’importanza che rivestono i documenti del National Security Council, a partire dal documento n. 1/2 del 10 febbraio 1948. In previsione di una possibile invasione dell’Italia da parte di forze militari provenienti dall’Europa Orientale, o nell’ipotesi che una parte dell’Italia cadesse sotto dominazione comunista a causa di una insurrezione armata o di altre iniziative illegali, il governo degli Stati Uniti predispose un piano articolato in sette punti, il cui ultimo paragrafo prevedeva di: “Dispiegare forze in Sicilia o in Sardegna, o in entrambe, con il consenso del governo italiano legale e dopo consultazione con gli Inglesi, in forze sufficienti ad occupare queste isole contro l’opposizione comunista indigena non appena la posizione dei comunisti in Italia indichi che un governo illegale dominato dai comunisti controlla tutta la penisola italiana” [8]. Ancor più interessante è il documento successivo: NSC 1/3 dell’8 marzo 1948, dal titolo: “Posizione degli Stati Uniti nei confronti dell’Italia alla luce della possibilità di una partecipazione comunista al governo attraverso sistemi legali” [9]. Fin dalle prime righe del documento, il problema politico viene posto con grande chiarezza. Si legge infatti: “Gli interessi degli Stati Uniti nell’area del Mediterraneo, relativi ai problemi di sicurezza, risultano seriamente minacciati dalla possibilità che il Fronte Popolare, dominato dai comunisti, ottenga una partecipazione al Governo attraverso le elezioni nazionali che si terranno in aprile e che, come conseguenza di ciò, i comunisti, seguendo uno schema ormai consueto nell’Europa dell’Est, potrebbero riuscire ad ottenere il completo controllo del Governo e a trasformare l’Italia in uno stato totalitario subordinato a Mosca. Un’eventualità del genere produrrebbe un effetto demoralizzante in tutta l’Europa occidentale, nel Mediterraneo e nel Medio Oriente” [11]. Nella parte conclusiva del documento sono elencati i provvedimenti che gli Stati Uniti dovrebbero prendere “nel caso in cui i comunisti italiani dovessero riuscire ad ottenere la guida del governo attraverso sistemi legali” [11]. Tra essi figurano, al punto a): “Prendere delle misure immediate, compreso ciascun tipo di misura coercitiva, per realizzare una mobilitazione limitata”, e al punto d): “Fornire assistenza militare e finanziaria alla base anti-comunista italiana” [12]. I documenti della serie NSC1 vennero sostituiti, a partire dall’aprile 1950, con quelli della serie NSC67; l’ultima versione, l’NSC67/3, redatta dal National Security Council il 5 gennaio 1951, venne infine approvata dal Presidente degli Stati Uniti l’11 dello stesso mese.  

I nostri lettori forse si chiederanno il perché presentiamo addirittura un documento del MSI: rispondiamo che, a volte, le “verità” che si cercano possono trovarsi “altrove”, se si sanno cercare e interpretare… In quegli anni il pericolo principale era il “comunismo”. Oggi è il “populismo”’? O c’è dell’altro?…

Probabilmente… c’è dell’altro.

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