Occupazione: l’Italia va meglio, il Sud no. Bella novità!

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di Carlo Barbagallo

 

L’Italia va avanti, migliora le sue condizioni “economiche”, il Sud però no: che bella novità!

Gli ultimi dati sulla salute del nostro Paese, come periodicamente accade, li riporta l’Istat che rileva come sul fronte dell’occupazione il Sud si colloca all’“ultima posizione nella graduatoria dell’Ue”. Dato significativo: è la Sicilia la regione che sconta la quota più alta di persone che vivono in condizione di grave deprivazione, ovvero in forte difficoltà economica, risultando, tra l’altro, in ritardo con bollette e affitti, o non potendosi permettere una settimana di vacanza. Nella regione l’incidenza del fenomeno arriva al 26,1 per cento nel 2016, toccando così uno su quattro, in tutto 1,3 milioni di siciliani. Inoltre la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è “più elevata in Sicilia, mentre nelle regioni del Nord-est si riscontra una maggiore uniformità”.

Sulla disoccupazione i dati mensili più recenti (gennaio 2018) presentano, al netto della stagionalità, un lieve aumento del numero di occupati rispetto a dicembre 2017.  Nella media del 2017, il tasso di disoccupazione si riduce in tutte le aree territoriali del Paese ma “i divari rimangono accentuati: nel Mezzogiorno (19,4 per cento) è quasi tre volte quello del Nord (6,9%) e circa il doppio di quello del Centro (10,0 per cento)”. L’Italia, in sostanza, rimane spaccata in due.“ Nessuna regione del Mezzogiorno raggiunge i livelli del tasso di occupazione del 2008.

Tra gennaio e febbraio di quest’anno, la disoccupazione giovanile è aumentata dello 0,3%, passando dal 32,5 per cento al 32,8 per cento. Un dato che in termini assoluti si traduce in 507 mila under 25 senza lavoro, con un incremento di duemila unità in un solo mese. È quanto emerge dai dati Eurostat pubblicati oggi. Nel complesso, a livello nazionale, il tasso di disoccupazione è sceso su scale mensile dello 0,2 per cento, passando dall’11,1 per cento al 10,9 per cento, ma a beneficio dei più adulti. Se il sistema Paese ha saputo includere nel mercato del lavoro 48mila persone tra gennaio e febbraio, sono invece stati tagliati fuori i più giovani.

A pagarne le conseguenze di questo stato di cose restano (è una costante che non muta) i giovani. Qualche settimana addietro Confindustria in riferimento al Mezzogiorno faceva notare che In base alle previsioni demografiche dell’Istat dal Sud da qui al 2066 scapperanno 5 milioni di cittadini e da macroarea più giovane (età media di 43 anni) diventerà la più anziana. Tra l’altro sappiamo bene che sono i giovani laureati e specializzati a fuggire per primi. Una previsione fin troppo a lungo termine che potrebbe far dimenticare le necessità del presente, quello che vivono i giovani in quest’oggi carico di incognite.

In un reportage de Il Corriere della Sera pubblicato nel settembre dello scorso anno già veniva evidenziato uno scenario dai contorni drammatici: Né studio né lavoro; zero prospettiva per il futuro. Li chiamano neet, sono i giovani della fascia tra i 18 e i 24 anni completamente inattivi e il triste primato in Europa di questa forma di apatia tocca alla Sicilia. Il dato viene messo in luce da una ricerca da una ricerca di Eurostat; in Sicilia i neet sono il 41,4% dei giovani primato che l’isola contende alla regione bulgara di Severozapeden. Il dato siciliano abbassa la media dell’intera nazione.

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