Ritorno alla Guerra Fredda, ma ora c’è di mezzo il Mediterraneo

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Donald Trump

di Salvo Barbagallo

 

Sembra tanto lontano il 1989, l’anno che con la caduta del Muro di Berlino poneva di fatto la parola “fine” alla “guerra fredda” USA-URSS e che poi decretò la conclusione del periodo “aureo” dell’Unione Sovietica con il suo completo dissolvimento. Lo scrittore George Orwell, riflettendo sulle cause che avrebbero potuto portare all’uso della bomba atomica, ipotizzò uno scenario in cui le due grandi potenze, non potendo affrontarsi direttamente (per il rischio di reciproca), avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri Stati assoggettati nelle cosiddette “aree d’influenza”. Il 1989 segnò una tappa fondamentale e creò nuovi scenari, e le “tensioni” vennero dirottate nel profondo Sud dell’area del Mediterraneo e nei Paesi africani, dove vennero alimentate situazioni belliche, che a tutt’oggi, continuano a destabilizzare molti Paesi di quelle fasce territoriali.

Ebbene, l’oggi: da una parte la “nuova” Russia di Putin con tutto ciò che rappresenta, dall’altra parte gli Stati Uniti d’America di “sempre”, chiunque sia nel ruolo di “Presidente temporaneo”. Putin, una manciata di giorni addietro, è stato rieletto Presidente della Federazione Russa per la quarta volta consecutiva, l’ostracismo nei suoi confronti e in ciò che la Russia rappresenta è proseguito e prosegue, raggiungendo in questi giorni un livello che di certo può (o dovrebbe) considerarsi “pericoloso” per la stabilità (e forse anche per la stessa sopravvivenza) dell’intero pianeta.

Theresa May

Come scrive il corrispondente de Il Corriere della Sera da Washington, Giuseppe Sarcina, Sessanta diplomatici russi espulsi, chiusura del consolato di Seattle. La mossa di Donald Trump è più pesante del previsto. Il presidente americano si schiera con gli alleati europei, in risposta all’avvelenamento con il gas nervino dell’ex spia Sergei Skripal e di sua figlia, il 4 marzo scorso a Salisbury, in Gran Bretagna. I governi alleati avevano concordato di agire ieri tutti insieme: 14 Paesi Ue hanno deciso di allontanare 30 rappresentanti del Cremlino. Due l’Italia, quattro ciascuno Francia, Germania, tra gli altri. Quattro anche la Polonia che manda via addirittura l’ambasciatore a Varsavia, Sergei Andreev. Lo schieramento comprende anche Canada, 4 espulsioni, Ucraina, 13, Albania, 2, Australia, 2. In totale, ma il conteggio è ancora provvisorio, sono almeno 111 le «persone non grate», più le 23 già identificate dal Regno Unito (…). Anche l’Italia, dunque e sebbene in forma minore, si è “allineata” contro Putin, nonostante che, al momento, non ci sia un esecutivo di Governo. Una situazione, pertanto, che ricorda la “Guerra Fredda” degli anni dimenticati, ma che pone, o “predispone”, una prospettiva più ampia di rischio.

In questo mosaico di aperte conflittualità si dovrebbe mostrare attenzione su quanto accade nel Mediterraneo. Abbiamo in articoli precedenti sottolineato le continue esercitazioni aeronavali della NATO nelle acque dell’ex Mare Nostrum, e la contemporanea presenza delle forze della Russia. Non solo: abbiamo sottolineato più volte la pericolosità delle molte stabili installazioni militari USA in territorio Siciliano, fortemente attrezzate per ogni possibile evento bellico, da Sigonella a Niscemi, da Augusta a Trapani. Situazioni che pongono soprattutto la Sicilia in condizioni di “piattaforma bellica” da utilizzare in qualsiasi momento. Argomenti che i massa media ignorano (volutamente?), argomenti che “anche” chi governa l’Isola e l’Italia non vogliono trattare e (almeno in apparenza) non prestare la dovuta attenzione.

E non vorremmo andare oltre, se non riportare un articolo da noi pubblicato il 31 agosto dell’anno scorso.


Vladimir Putin

LA VOCE DELL’ISOLA – 31 AGOSTO 2017

Putin, Trump, il Mediterraneo: squilibri del terrore

di Salvo Barbagallo

 

Siamo abituati a leggere o a discutere di ciò che accade nel Mediterraneo quasi sempre in riferimento all’annosa e critica questione dei migranti e del loro ininterrotto flusso verso la Sicilia, flusso più o meno favorito e alimentato per inconfessabili e sconosciuti interessi di diversi Paesi. Altri interessi gravitano nell’area del bacino del Mediterraneo, tanti da far stazionare in forma stabile potenti Flotte militari dei principali cosiddetti Paesi leader del mondo, Stati Uniti d’America e Russia, con un dispendio economico sicuramente elevatissimo.

Si verifica che, attenuatasi l’attenzione sulla Siria di Assad, e l’attenzione sulla lotta al Califfato nero jihadista in quelle martoriate regioni dove agiscono (di supporto) anche forze militari italiane, calata l’attenzione anche sull’ultimo terribile attentato di Barcellona dell’Isis e accentuata l’attenzione verso i gravi avvenimenti che riguardano le pericolose minacce belliche della Corea del Nord, quanto avviene nelle acque del Mediterraneo è quasi argomento secondario, in un certo senso marginale. È difficile trovare riscontri sui mass media, le informazioni vanno ricercate sui siti specializzati. E solo così facendo che si può avere un quadro che passa inosservato di ciò che accade nelle acque che circondano il nostro Paese.

L’ultima notizia appresa in ordine di tempo è stata data qualche giorno addietro dal sito Sputnik: Due dei più recenti sottomarini diesel della flotta del Mar Nero, il Kolpino e Velikij Novgorod, che ora compiono il passaggio dal mar Baltico alla flotta del mar Nero, saranno in servizio del Mediterraneo. I sottomarini sono accompagnati dal rimorchiatore di salvataggio della flotta del Baltico SAT-921. Si prevede che i sottomarini entreranno a far parte permanentemente della marina russa militare nel Mediterraneo.

Ma che consistenza ha la Flotta russa nel Mediterraneo? Possiamo averne consapevolezza rileggendo un articolo apparso su Aurorasito WordPress il 12 giugno scorso, che riteniamo utile riproporre nelle parti più salienti: La Marina russa rafforza la presenza nel Mediterraneo. Recentemente annunciava l’intento di aumentare il contingente da 10 a 15 navi. Questa maggiore attività è causa ed effetto dello sforzo della Marina per rianimare la Flotta del Mar Nero (BSF), praticamente moribonda solo pochi anni fa. Il 1° giugno, la TASS riferiva che l’attuale forza navale russa nel Mediterraneo comprende le fregate Proekt 11356 Admiral Grigorovich e Admiral Essen, il cacciatorpediniere Smetlivyj della classe Kashin, le navi d’assalto anfibio Tsezar Kunikov, Nikolaj Filchenkov e Azov, il sottomarino convenzionale Proekt 636.3 Krasnodar, cacciamine e imbarcazioni “anti-sabotaggio” non specificati, una petroliera e altre navi di supporto. Quindi non è chiaro quante navi russe ci siano oggi nel Mediterraneo. Il venerando Smetlivyj rientrava a Sebastopoli il 3 giugno, la nave opera nella BSF dal 1969 (…) non è previsto che Admiral Grigorovich, Admiral Essen e Krasnodar rientrino presto a Sebastopoli. Aderivano alla formazione mediterranea russa ai primi di aprile e a metà maggio rispettivamente (…)  L’attuale forza mediterranea della Russia è erroneamente chiamata squadrone come la precedente 5.ta Eskadra d’epoca sovietica. Tuttavia, la Marina Militare russa afferma che la sua presenza nel Mediterraneo è una formazione e non una grande formazione. Una formazione è tipicamente la divisione navale di 5-10 navi di superficie con un comando O-6. Una grande formazione, al contrario, è una componente importante della flotta, lo squadrone o eskadra con un comando O-7. Tale comando è tipicamente un passo avanti per un comandante della flotta. Contrariamente alla formazione odierna, la 5.ta Eskadra aveva normalmente 40-50 navi nel Mediterraneo durante la guerra fredda negli anni ’70 e ’80. Probabilmente più dell’intera BSF di oggi (…) Le cose sembrano un po’ migliorate con le due fregate Proekt 11356 della BSF. La terza, Admiral Makarov, dovrebbe aderire alla flotta quest’anno. La flotta ha il suo complemento in 6 nuovi sottomarini Proekt 636.3. Le corvette lanciamissili Zeljonyj Dol e Serpukhov entrarono in servizio alla fine del 2015. Altre dovrebbero seguire. La seconda nave d’intelligence Ivij Khurs, seconda Proekt 18280 Jurij Ivanov, dovrà sostituire la Liman, affondata presso Istanbul dopo la collisione con un cargo africano il 27 aprile (…) La TASS riferiva che il Primo Capitano Pavel Jasnitskij comanda la formazione mediterranea russa. È un ufficiale di terza generazione di 47 anni nato a Severomorsk, sede della flotta settentrionale (…).

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