Elezioni: che tempo che fa in Sicilia?

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di Salvo Barbagallo

 

Il 2018 non è il “Sessantotto”, in Sicilia ovviamente anche meno, e l’interrogativo “che tempo che fa?” appare inconcludente. O inopportuno.  Eppure in Sicilia, sostengono in tanti, si gioca il risultato elettorale. A conti fatti, però, non si comprende bene come e perché. Anzi: forse di “perché” sul tappeto dei giochi se ne potrebbero trovare tanti e tanti, ma sarebbero tutti a uso e consumo dei protagonisti, vecchi e nuovi, del solito (o insolito) palcoscenico dove si muovono i “cambi casacca” con estrema disinvoltura. Tanto, c’è da dire, l’elettorato “attivo” è sempre lo stesso, quello fortemente legato alle segreterie per obbligato opportunismo dei cosiddetti militanti che sperano nell’altrettanto obbligato contraccambio della cortesia espressa con un voto. Nulla di nuovo, dunque, e quel “tempo che fa?” anche se i tempi sono mutati e variabili (almeno apparentemente) potrebbe essere interpretato come “il tempo di sempre”.

Ogni cosa al condizionale, di certo per il “cittadino/elettore qualunque” che nell’inedita (?) mappa del presente pre-elettorale all’ultimo momento dovrà decidersi ad esprimere le sue preferenze, senza che abbia compreso perfettamente lo stesso meccanismo del voto, (forse) costretto ad affidarsi ai “consigli” di quanti hanno capito meglio, ma in ogni modo più confuso che persuaso sul da farsi.

Dal bipolarismo al tripolarismo? Anche questo quadro sintetico appare nebuloso: c’è coalizione di destra, coalizione di sinistra (quale sinistra?), Movimento 5 stelle, gruppi e gruppetti più o meno aggregati, ci sono candidati in massa e spalmati sul territorio seguendo le certezze e le incertezze della poltrona sicura/insicura. Una perfetta macchina dell’incomprensione politica con candidati che lasciano le posizioni originarie per andarsi a piazzare sulle posizioni opposte.

“Che tempo che fa in Sicilia?”. C’è chi si chiede quale possa essere l’anima del trasformismo, e noi (probabilmente sbagliando) sosteniamo che non si tratti di “trasformismo” ma più semplicemente di “opportunismo”. Cadute le “barriere” ideologiche che potevano essere in passato utili paraventi, non c’è alcun pudore in chi sta scendendo in campo in questa competizione per il rinnovo del Parlamento e del Governo di questa Italia “attuale”. C’è anche da chiedersi se gli stessi candidati credono a queste elezioni, pur lottando fra di loro per la conquista del seggio, oppure considerano questa una fase di passaggio in vista di assestamenti tutti da inventare.

“Che tempo che fa in Sicilia?”: tutto sommato è in vigore la procedura dell’indifferenza e dello scetticismo, con l’aggravante della perniciosa abitudine di delegare ad altri la soluzione dei problemi che sono di tutti. Nessuno che gridi allo “scandalo” là dove si è perduta la pretesa anche di presentare uno straccio di programma per il “dopo” elezioni, a risultato conseguito. Non ci sono programmi da realizzare, restano le “promesse” di una o della parte opposta, alle quali già gli elettori non credono.

Purtroppo non esiste una consapevole auto rottamazione di chi si crede (per auto definizione) leader, anche perché all’orizzonte non si presentano alternative che abbiano un riscontro con la realtà odierna. E pur tuttavia si deve votare, astenersi sarebbe maggiormente dannoso. E pur tuttavia si dovrebbe avere la consapevolezza che a tirare le fila sono sempre gli stessi personaggi… Anche in Sicilia si è accentuata la corsa alla diligenza dell’ex cavaliere Silvio: ufficialmente manca solo Renzi.

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