Dodici giorni alla fine della campagna elettorale: cosa aspettarsi? Cosa temere?

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di Luigi Asero

 

La campagna elettorale per le elezioni politiche in atto volge al termine, mancano infatti dodici giorni al 3 marzo, giorno di silenzio elettorale. Poi, il 4 marzo il giorno del voto.

Abbiamo sentito in questo periodo di tutto e di più, ci aspettiamo che le frecce da scoccare in previsione della fine di questa tornata elettorale siano quasi esaurite, stante il vuoto propositivo di quanto ascoltato finora. Proprio questo ci tormenta e preoccupa non poco.

Il popolo italiano sonnecchia, appare indifferente, forse perché il senso di rassegnazione che una volta sembrava essere tutto siciliano ha avuto la meglio in quasi tutta la nazione. Troppi gli scandali, troppe le impunità, troppo il pressappochismo di chi dice di voler fare gli interessi dello Stato. Lo Stato… “quale Stato?” vien da chiedersi ricordando le disperate parole della vedova Schifani all’indomani della strage di Capaci.

Lo Stato rappresentato da uomini come Vito Schifani che scortava Giovanni Falcone? O piuttosto lo Stato che in massa e cravatta a lutto si presentava a quei funerali? E in tanti ci siamo chiesti se non lo abbiano fatto piuttosto per sincerarsi della loro effettiva dipartita…

Parole che appaiono fuori contesto queste riferite a fatti di ormai 26 anni fa e che invece un senso lo hanno eccome per chi vorrà comprenderlo. C’è uno Stato ufficiale, quello che tutti noi conosciamo. Poi, l’impressione è forte, sembra ci sia una sorta di “Stato parallelo”, di cui non conosciamo le dinamiche, ma che governa realmente il Paese al di là dei nomi ufficiali che siedono nei posti di comando.

Ecco questi due Stati sembra siano a corto di iniziative, sembra non ci sia una reale soluzione -nemmeno apparente- sui problemi che attanagliano il Paese. Sia quelli interni (dalla crisi economica alla crisi identitaria o alla disoccupazione e via discorrendo), sia quelli esterni, che vedono cioè l’Italia inserita in un contesto internazionale con sempre meno voce in capitolo.

L’esame della storia, più o meno recente, ci dice che periodi critici del genere hanno bisogno un riassestamento degli equilibri che spesso si ottiene per mezzo di azioni clamorose. Non è possibile sfuggire all’osservazione di “banali” frasi lanciate sui principali social network da soggetti di diversa estrazione e poi rilanciati inconsapevolmente dagli ignari utenti. La campagna di odio fra opposte fazioni, non solo neri/rossi, è sempre più forte. Si sta montando la rabbia, qualcuno pare lo stia facendo ad “arte”, una sorta di rabbia collettiva che attende il “Traini” di turno, pronto a “esporsi in prima persona” per il suo “ideale“.

Sono le classiche “teste di legno“, una sorta di “arieti” che generalmente servono più a sondare gli umori generali. Il timore è che in questi giorni, che non garantiscono alcun risultato “certo” dalle prossime elezioni, qualche “interesse occulto” di quello “Stato parallelo” di cui abbiamo precedentemente fatto cenno si risvegli. Un’azione eclatante potrebbe spostare (e riposizionare) l’asse degli equilibri che al momento sembra squilibrato per tutte le parti in campo.

Un’azione sui mercati borsistici o piuttosto un fatto di sangue clamoroso come un attentato? Speriamo -naturalmente- che sia soltanto “fantapolitica”, che nulla di ciò possa verificarsi. Corre però l’obbligo di lanciare un “grido d’allarme”. Forse non a caso il ministro degli Interni Marco Minniti, così come Questori e Prefetti, sembra stiano cercando di sedare ogni iniziativa considerata “a rischio”. La via non appare però la più semplice perché decisamente anti-popolare e rischia di far il gioco di quello “Stato parallelo”.

Dodici giorni passano velocemente, con un po’ di attenzione si potrà evitare che accadano tragedie. Ai lettori ricordiamo le parole di Paolo Borsellino “il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano”. Non serve altro. Nemmeno l’astensionismo.

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