Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo

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di Valter Vecellio

 

Dachau è un nome che si vorrebbe poter dimenticare: uno dei simboli dell’orrore infinito; proprio per questo dovrebbe essere inciso nella nostra memoria, come la frase di Santayana nel monumento in quel “campo”, che di infinito orrore trasuda. La Shoah è stata anche un enorme crimine italiano.  Non avrebbe potuto compiersi senza la complicità dell’Italia, di Mussolini che fa approvare delle leggi peggiori di quelle di Hitler

Voglio cominciare questa nota con una riflessione di Primo Levi, uno dei pochi che ha fatto “ritorno” dai lager nazisti. Levi ci dice: “Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: ‘ comprendere’ un proponimento o un comportamento umano significa ( anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui… Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

A un certo punto della sua monumentale The Life of Reason, or the Phase of Human Progress, il filosofo e scrittore spagnolo George Santayana annota che “quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”. E’ la frase che potete leggere, incisa in trenta lingue, sul monumento nel campo di concentramento di Dachau.

Dachau è un nome che si vorrebbe poter dimenticare: uno dei simboli dell’orrore infinito; proprio per questo dovrebbe essere inciso nella nostra memoria, come la frase di Santayana nel monumento in quel “campo”, che di infinito orrore trasuda.

Dachau è il primo lager nazista: voluto e aperto da Heinrich Himmler, il diretto organizzatore, assieme a Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann, della “soluzione finale” della questione ebraica all’origine della Shoah.

Catturato dagli inglesi, Himmler, piuttosto che lasciarsi processare e finire giustiziato come altri criminali nazisti, preferisce uccidersi con il cianuro. Heydrich muore a Praga, nel giugno del 1942, per le ferite riportate dopo un attentato dei partigiani cecoslovacchi. Eichmann, come altri criminali nazisti ( per esempio il famoso “dottor morte” Joseph Mengele), grazie a falsi documenti procurati dal vicario di Bressanone Alois Pompanin, riesce a fuggire in Argentina. Nel 1960 il Mossad israeliano riesce a prelevarlo e portarlo in Israele. Al termine di un celebre processo, “condannato a morte per aver spietatamente perseguito lo sterminio degli ebrei”, viene impiccato il 31 maggio 1962 nel carcere di Ramla.

Torniamo a Dachau. Lo “aprono” il 22 marzo del 1933. Sulla Munchner Neuesten Nachrichten, Himmler scrive di suo pugno: “Verrà aperto nelle vicinanze di Dachau il primo campo di concentramento. Abbiamo preso questa decisione senza badare a considerazioni meschine, ma nella certezza di agire per la tranquillità del popolo e secondo il suo desiderio”.

Dachau serve da modello per tutti gli altri “campi” di sterminio. E’ la “scuola” per i macellai nazisti: il luogo del terrore e dell’orrore senza fine. A Dachau transitano circa duecentomila persone; secondo i dati raccolti nel Museo del “campo”, almeno 41.500 deportati vengono uccisi. Quei poveretti, sono per lo più ebrei; ma ci sono anche zingari, omosessuali, comunisti, radicali, disabili, devianti in genere. Sono costretti a percorrere una larga strada, ordinata e pulita con maniacale tedesca cura, la Lagerstrasse. Al termine la Jourhaus, ovvero “la porta dell’inferno”: attraversata da un grande arco d’ingresso al campo, chiuso a sua volta da un cancello in ferro battuto, e sopra la famigerata scritta: “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. Una scritta che troveremo poi in altri lager, simbolo della malvagità nazista.

Tra il 1933 e il 1945 i nazisti costruiscono circa ventimila campi di concentramento: in alcuni, le vittime sono impiegate ai lavori forzati; altri sono di “transito”. Poi ci sono quelli costruiti per l’eliminazione di massa. I nazisti e i loro complici assassinano oltre tre milioni di persone nei soli campi di sterminio. Per poter condurre a compimento la cosiddetta “soluzione finale” realizzano numerosi lager in Polonia, il paese con il più alto numero di cittadini ebrei. Il primo è quello di Chelmo, apre nel dicembre del 1941. Qui gli ebrei e i rom sono sterminati con il gas di scarico all’interno di furgoni appositamente modificati. Nel 1942 entrano in funzione i “campi” di Belzec, Sobidor, Treblinka. I nazisti concepiscono e fabbricano le camere a gas per rendere più veloce ed efficiente lo sterminio. Ad Auschwitz e Birkenau “lavorano” ininterrottamente quattro enormi camere a gas, ogni giorno sono così uccisi seimila ebrei.

Dachau è l’unico “campo” a restare in funzione per tutti i dodici anni del regime nazista. In breve tempo dire Dachau equivale a paura e terrore, abominio e orrore: dai camini dei forni crematori si disperdono nel vento le ceneri; ogni giorno migliaia di sventurati sono scaricati dai vagoni dei treni merci; una volta entrati nel “campo”, non usciranno più: vengono fatti scendere dalla “Judenrampe”, “selezionati”, quasi tutti portati diretta- mente alle “docce” ( così i nazisti chiamano le camere a gas). E l’odore della carne bruciata impregna l’aria, lo senti dovunque, anche oggi hai l’impressione di sentirlo. Annota Hannah Arendt, mentre segue il processo Eichmann: “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco, né mostruoso”. E anche questa “normalità”, fa parte dell’orrore.

A questo serve il Giorno della Memoria: è un riconoscere, non dimenticare questa terribile storia; non accettare questa “normalità” che tanti, allora accettarono. Si potrà obiettare che la storia dell’umanità è una catena ininterrotta di sangue, dolore, orrore, terrore; che popoli sterminano altri popoli da quando esiste l’uomo; e per restare ai nostri tempi: i crimini staliniani, quelli della Cina di Mao; e poi Srebrenica, i macellai alla Slobodan Milosevic, Ratko Mladic, Radovan Karadzic; i massacri di Pol Pot in Cambogia; quelli in Ruanda, gli stermini ignorati nella cosiddetta Africa; Aleppo infine… Tutto vero, giusto.

La Shoah però è un evento unico. Non si vuole stabilire una gerarchia del dolore, una classifica dell’orrore più orrore di un altro. Il fatto è che mai, nella storia dell’umanità si è progettata con freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo in quanto tale. Mai si è pianificata questa eliminazione, studiando e cercando le formule dei gas più “efficaci”, progettando i ghetti nelle città occupate, costruendo i lager, predisponendo la complessa rete dei trasporti. Un orrore fatto sistema; questa la differenza.

Comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Ecco perché la memoria; e perché giorni alla memoria dedicati: “ quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”.

La Shoah: enormi, incancellabili, imperdonabili, le colpe dei nazisti; enormi le responsabilità dei tanti silenti e conniventi in Germania. Ma anche l’Italia e gli italiani no. Sono innocenti; tutt’altro. La Shoah è stata anche un enorme crimine italiano.  Non avrebbe potuto compiersi senza la complicità dell’Italia.  Mussolini fa approvare delle leggi peggiori di quelle di Hitler. La differenza è che da noi ci sono state delle eccezioni nella loro applicazione, tante persone hanno rischiato la vita per salvare gli ebrei; resta comunque gravissimo il fatto che sono state votate in parlamento all’unanimità, firmate dall’unico re in Europa che ha così agito contro i suoi cittadini.

Ogni parlamentare votò le leggi razziali e questo fece in modo, come attestato dal Centro di Documentazione ebraica di Milano, che la maggior parte degli ebrei catturati e consegnati ai tedeschi, soprattutto a Auschwitz, furono denunciati da italiani. Il 16 ottobre 1943 a Roma, a 500 metri dalla cupola di San Pietro furono razziate 1007 persone, tutte scomparse per sempre, tranne tre sopravvissuti al campo di Auschwitz. Non vi fu nel Paese intero una reazione a questa tragedia.

Italiani “brava gente”, si dice spesso. Ma pur italiani (e per nulla brava gente) sono i militi repubblichini di Salò, a guardia dei vagoni piombati dove gli ebrei, gli zingari, i “diversi” vengono mandati nei lager a morire. Susan Zuccotti,  una storica italo-americana, ha scritto un libro importante: “The Italians and the Holocaust: Persecution, Rescue and Survival”. Tra le altre racconta la storia di una ragazza, Rita Rosani che anche in Italia pochi conoscono: nata a Trieste nel 1920, insegna nella scuola israelita della sua città fino al 1943. Quando i tedeschi occupano l’Italia, trova un nascondiglio per i genitori, due ebrei cecoslovacchi che vivono in Italia da anni. Entra poi nella Resistenza armata, e partecipa a numerose azioni nella zona di Verona. Il 17 settembre 1944 due partigiani che erano stati catturati e torturati vengono costretti a condurre un contingente di circa cinquecento soldati tedeschi e fascisti al loro nascondiglio. Il gruppo di Rita, formato da una quindicina di partigiani, tenta una disperata resistenza. Durante la ritirata Rita viene ferita, un fascista la trova e la finisce con un colpo di pistola. Una lapide nella sinagoga di Verona onora Rita Rosani; ce n’è un’altra nella scuola israelita di Trieste dove Rita ha insegnato. E’ l’unica partigiana in Italia di cui si sappia con certezza che sia caduta in combattimento, uccisa non da un tedesco, ma da un fascista italiano. Medaglia d’oro alla memoria.

Tutto questo vuole  ricordare e valorizzare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nominando senatrice a vita Liliana Segre, una delle poche sopravvissute italiane ai campi di sterminio nazisti. Questo vuole ricordare il presidente Mattarella, quando dice che le leggi razziali sono una macchia indelebile e ammonisce che è sbagliato sostenere che il fascismo ha avuto dei meriti.

Dice il Talmud che “colui che salva una sola vita salva il mondo intero”. Più propriamente, “Per questa ragione l’uomo fu creato solo, per insegnarti che chiunque distrugge una singola anima di Israele, la Scrittura gli imputa (la colpa) come se avesse distrutto un mondo intero; e chiunque preserva una singola anima di Israele, la Scrittura gli scrive (il merito) come se avesse preservato un mondo intero”. Molti in quei giorni tremendi di monti furenti, scelsero di rischiare la loro vita per salvarne anche una sola, e in questo modo salvare il mondo intero. Ma accanto a loro, contro di loro non mancarono i pavidi, i complici, gli infami. La memoria serve per evitare che il passato possa ripetersi.

 

LA VOCE DI NEW YORK

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