Made in Italy: è Riko il nuovo Freccia che si riaffaccia da domani in tutti i grandi schermi d’Italia

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di Giuseppe Stefano Proiti

 

È un treno che non è mai stato una volta in orario“… ma quello del 25 gennaio è già in arrivo. Ci siamo. Mancano poche ore all’uscita del terzo film di Luciano Ligabue, Made in Italy. Sarà in sala questo giovedì, con i noti attori protagonisti Stefano Accorsi (Riko) e Kasia Smutniak (Sara).
Se dovessimo tracciare una definizione di “Ligabue regista” diremmo che è un pittore. Lui è quello del “ritratto generazionale”: prende la telecamera in mano solo quando c’è qualcosa di forte nel suo tempo che gli sussurra una storia all’orecchio.



C’è un nuovo “Freccia” che si riaffaccia dal cuore delle sue notti magiche e insonni, con proiezioni futuristiche sul volto spaccato e rugoso dell’Italia di oggi; un monumento decrepito … quasi del tutto distrutto.

Così, tra le macerie, cerca pazientemente di volerli mettere di nuovo assieme i cocci del mosaico. È proprio l’ultimo a voler dire “Buonanotte all’Italia”.

Il nuovo “Benassi” si risveglia ancor peggio di prima, pieno di dolori e manganellate, ma sembra non invecchiare mai, anzi via via ringiovanire. Ha molta più grinta nel tirar fuori dalle proprie viscere tutta quella rabbia da sputare in faccia ai responsabili del disastro. Solo che a volte lo fa in maniera sbagliata, spaccando il vetro e la carrozzeria della macchina, o prendendosela in maniera accesa con Sara, una moglie che -come la maggior parte- dimostra la grande forza delle donne nel farsi carico più del marito delle difficoltà che giornalmente incombono sulla famiglia, ma poi arrivano al punto in cui si prendono tutto d’un colpo il loro “Giorno dei giorni”, senza più limiti.
C’è un’aria ormai stagnante, una situazione fin troppo pesante da gestire: “ha avuto troppa fretta a mettersi con Sara”, un figlio sulle spalle… e ora ne subisce le conseguenze. Tutto a un certo punto sembra traballare: casa, amore, lavoro. La vita diventa sempre più difficile man mano che la società si fa più complessa e corruttibile, a tutti i livelli.
Ma è nella crisi che salta fuori la natura –se vogliamo– eroica di Riko. Rimane salda, assieme ai suoi amici, quella voglia di difendere ad ogni costo anche i propri sbagli, perché dentro di lui sa bene che è la società odierna ad essere malata, a mettere paletti lì dove non servono e ad aprire portoni a chi invece avrebbe dovuto marcire dietro le sbarre.
D’animo nobile, battagliero e idealista, come un leone si ribella a questo stato di cose. Non si rassegna quando si accorge della diffusa superficialità della gente che non penetra la parte più autentica del presente, anzi lo distorce. Lui si proietta dentro ogni cosa, perché non è una cosa, gettando con le lacrime agli occhi uno sguardo poetico sul mondo: “La poesia non è fuori, è dentro”. Sogna di vivere nel calore di questo comune raccoglimento. È un sentimento la bellezza, che occorre scorgere e portare alla luce. C’è bellezza sparsa ovunque, in maniera omogenea e in grandissima abbondanza. Bisogna uscire fuori e cacciarla anche negli angoli più nascosti, per valorizzarla e salvaguardarla come una miniera in cui è custodito il tesoro.

«Viveva, or non è molto, in una terra della Mancia, che non voglio ricordare come si chiami, un hidalgo di quelli che hanno lance nella rastrelliera, scudi antichi, magro ronzino e cane da caccia.»

(Miguel Cervantes, Don Chisciotte)

La storia di Riko impone certamente una lettura moderna e più matura del “ciclo dei vinti”, di quel maledetto “ideale dell’ostrica” che Verga piantò come un’erba maligna nell’ispida terra di “Trizza”.
Si potrebbe persino arrivare a considerare “vinti” i “vincitori”. D’altronde chi stabilisce il parametro d’identificazione? Siamo tutti potenzialmente vittime e carnefici, vincitori e vinti.
Ma parliamo del vinto per eccellenza. Riko è “il vinto dei vinti”, non è altro che un altro modo di chiamare Don Chisciotte, quell’eterno illuso “della Mancia”, perennemente sconfitto, che suscita l’ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta.

“Cosa ridi? La luna di miele in Italia! Si, perché? Cosa c’è?”

C’è come la frenesia della primavera, quelle atmosfere piene dei campi di girasole nella bella stagione. È questo il modo spensierato in cui vive Riko. Guai a cedere al disincanto: se non sogni il tempo non passa! Made in Italy è l’ultimo vento caldo che soffia un attimo prima del tramonto, ma è pieno inverno. Made in Italy è quel potente raggio di sole che d’improvviso compare sul freddo bancone d’acciaio e riscalda l’operaio, ma gli uomini vengono sempre più sostituiti dalle macchine.

L’Italia di Riko è come la Spagna di Alonso, ci sono ormai ben poche avventure da vivere! Con una realtà che sempre più si trasforma sotto i suoi piedi –vuoi per necessità, vuoi per l’incondizionata passione per la letteratura– all’hidalgo italiano non resta altra scelta che diventare quel cavaliere errante che ha sempre sognato di essere. Uno spirito libero che si mette in viaggio per difendere i deboli e riparare i torti di una società in decadimento. La sua visionaria ostinazione lo spinge a leggere la realtà con occhi diversi. Dunque, inizierà a scambiare i mulini a vento della sua Trapani con giganti dalle braccia rotanti, i pupi della grande tradizione artistica siciliana con i burattini della politica, le greggi di pecore con eserciti di demoni del Rinascimento.
Ma “Un cavaliere errante senza amore è come un albero spoglio di fronde e privo di frutti, è come un corpo senz’anima, andava dicendo a sé stesso“.
Sceglierà allora una nuova “Aldanza Lorenzo”, che potrebbe identificarsi in una diva dell’attuale comicità italiana. Lui è così: imprevedibile. Vuole al suo fianco persone semplici, come il contadino in sella al suo ronzino (Sancio Panza), e che lo facciano ridere.
È in questo modo che Riko combatterà gli avversari immaginari: spalle larghe e sorriso in bocca. È questo il suo esercito con cui affronta le sue giornaliere battaglie … lì in cima alle montagne. Non una nutrita schiera di lance, mitra, coltelli, bombe atomiche… ma semmai il potere della musica che va ardendo per le vie del mondo: «S’i’ fosse foco arderei lo mondo» . Proprio in quella versione del sonetto che De André fece cantare nel ’68 agli studenti. Riko rappresenta una nuova coscienza che riaccende il sentimento della libertà, è il nuovo spirito della rivolta studentesca: «Ognuno sa che cosa ribaltare» . Sogna i giovani del nuovo millennio che si trovano nuovamente in piazze a contestare il non valore delle generazioni che li hanno preceduti e che gli hanno rubato il futuro. Vogliono un mondo completamente diverso questi ragazzi, che sia all’altezza dei loro sogni:

Mi chiamano tutti Riko
Mi chiamano ragazzo
Non guardano l’età
.

Adesso il sole è a mezzogiorno. A un certo punto Riko si sveglia dal sogno. Si trova seduto su una sedia con le mani legate e una “Bambolina” che gli punta la pistola alla tempia:

 

RIKO:

“Ma cosa ci faccio qui?

Dai aprimi la porta, porta, porta, porta, porta …
Mi vuoi aprir la porta, porta, porta, porta, porta?
Ba-ba-ba bambolina
giù-giù quella pistola,
ba-ba va bene resto qua … cosa devo fare”?

BAMBOLINA:

“Devi continuare a fare la tua parte. A essere Teatro”!

RIKO:

“Torno tra un momento!
Cerco un argomento,
per recitare la mia parte.
Già. Perché c’è sempre una
parte da recitare.”

Buonanotte. Qui è Radio Raptus e io sono Benassi… Ivan… chiamatemi pure Riko.
Eeemh… forse li c’è qualcuno che non dorme. Beh, che ci siete oppure no io c’ho una cosa da dire:

A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari,
a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore,
a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.
Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai “vincibili” dunque, e anche
agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali,
ancora si sente invincibile.
A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.
A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene…
a tutti i teatranti.

(Don Chisciotte, opera teatrale di Corrado d’Elia)

 

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