Eppure sono scritti

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di Guido Di Stefano

 

Chiamiamoli pure precetti o indirizzi fondamentali o confini invalicabili o se vogliamo “landmarks”, valevoli ieri, oggi e domani, qui e ovunque  perché Eterno, Onnipresente, Onnipotente, Signore del tempo e degli universi visibili e invisibili è Chi li la posti, chiari, solidi, immutabili.

E quelli che si atteggiano ad  attori e protagonisti del terzo millennio li violano sistematicamente, trascinando noi, forzatamente ignavi, alla perdizione.

Dice il Signore e sta scritto: “Chi sei tu per giudicare il bene e il male?”. Dove giudicare è da intendersi in senso globale, biblico, trascendente la quotidianità e l’immediatezza e inclusivo di azioni, parole, pensieri,  progetti, “creatività”.

Quindi i sacerdoti e i fideisti (specie se religiosi) del pensiero unico e  del nuovo ordine mondiale dovrebbero interrogarsi chi sono loro per stabilire e volere imporre  il loro “pensiero unico” e il loro ordine unipolare come una “panacea” contro i mali (magari da loro) scatenati contro l’umanità.  Ma chi sono loro per dogmatizzare che il loro pensiero unico è proprio il migliore e l’unico valido? Chi sono loro per  schiacciare il mondo sotto il pesante giogo di un nuovo ordine mondiale presunto e presuntuoso? Non sono serviti a nulla i fallimenti del passato?  Chi sono loro per volere cancellare le identità e appiattire le culture al  livello  di un generale chiacchiericcio?  Chi  sono loro per  imporre totalitarie griglie per la cernita dei buoni (loro schiavi sottomessi)  dai cattivi (per lo più menti libere), quei cattivi che in ogni epoca hanno pagato con la vita, previe persecuzioni e torture, con chiusure infuocate o taglienti pubblicamente (oggi mediaticamente). Chi sono loro per decretare la bontà persino delle guerre da essi stessi scatenate?  Forse non credono nel nostro identico Creatore? Forse sui loro altari giganteggiano idoli di oro e/o esplosivi da cui traggono istruzioni, arroganza e forza?

E anche a volere uscire dallo stretto campo del potere (politico, militare, giudiziario, finanziario, economico) chi sono quei pozzi di conoscenza che si possono arrogare le capacità di discernere  e stabilire cosa e chi,  a indiscutibile parere di lor signori,  è inutile per l’umanità e l’universo?

Perché sta anche scritto: “Nessuno tocchi Caino!”  Già evidentemente lassù, in alto, Qualcuno “giustifica” la presenza di Caino e questo principio ovviamente sfugge alle menti “annebbiate” da odio e da “ignoranza travestita da scienza”. Ma chi siamo noi “creature” per potere valutare le infinite possibilità genetiche?

Mia è la vendetta!” dice il Signore. Ma allora chi è il Signore dei cultori del pensiero unico sempre pronti a castigare pesantemente non solo ogni differente pensiero ma financo le più spontanee battute umoristiche? Si rendono conto che le loro reazioni sanno proprio di vendetta spicciola e possono inquadrarsi come sconfinamenti nell’abuso di potere e/o nell’interesse privato in atti d’ufficio  o addirittura potrebbero oltrepassare il “falso ideologico”?

Altro passo deliberatamente  ignorato o più semplicemente incompreso (la comprensione è solitamente privilegio delle menti libere) recita “Sono lento nell’ira e grande nella misericordia!”. Solo il “Creatore” può permettersi questi “lussi”: aspettare prima di reagire, perdonare in attesa della manifestazione di pentimento.

E guarda caso del perdono, della misericordia umana si stanno perdendo le tracce nelle varie istituzioni laiche e  religiose a ogni livello  soppiantate da una ferrea voglia di vendetta mascherata da giustizia. Diventa pericoloso persino accennare alla misericordia: scattano velocemente l’indice, la deprecazione, l’ostracismo. Tutto deve essere uniforme, piatto o preferenziale secondo il  “capriccioso” diktat degli instillatori del pensiero unico.  Tanto che, a esempio,  il classico detto “la legge non ammette ignoranza” trova già una nuova pratica nel senso che “la legge non ammette, inflessibile,  l’ignoranza degli “indigeni nostrani” ma sorride, benevola, in altri casi”.

Ma se togliamo anche i cenni di cui sopra, cosa resta delle basi della nostra cultura? Già, nei secoli, sembra che sono spariti undici libri biblici e due lettere di Paolo di Tarso; ci manca solo che spariscano l’Apocalisse di Giovanni e il “Discorso della montagna” di Gesù di Nazareth che preannunciano il “redde rationem”  nei criteri base informatori del “giudizio” con implicite le relative speranze.

Sarebbe una grave perdita per noi poiché vi è un passo che lascia ben sperare per noi figli di Sikelia: potremo essere tra quelle genti che erediteranno la terra. E il Giudice magari sussurrerà “Surge Sikelia, mia diletta creatura”!

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