Catalogna: fra 72 ore nuovo giorno della verità

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di Salvo Barbagallo

 

Dopo lo scossone dato dal risultato elettorale in Austria, che ha visto il successo delle Destre e vedrà un nuovo Governo orientato su nette posizioni nazionaliste, adesso (quasi in silenzio) la politica Europea guarda a quanto accadrà in Catalogna fra 72 ore. Le elezioni “imposte” dal Governo di Madrid per il 21 dicembre a seguito dello scioglimento del Parlamento Catalano, destituzione del governatore Carles Puigdemont, arresto di diversi ministri e arresto dei leader dei movimenti indipendentisti Jordi Sanchez di Asamblea nacional catalana (Anc) e Jordi Cuixart di Omnium Cultural, ai quali il Tribunale supremo ha negato la libertà su cauzione, appare ancora incerto il responso che scaturirà dalle urne e confusa la situazione che si determinerà per il “dopo” elezioni. Qualunque sia il risultato elettorale.

Così come il “caso Austria” è uscito ben presto dall’attenzione dei mass media internazionali, che cercano di non enfatizzare l’evento, si cerca di far passare in sordina anche la consultazione in Catalogna. Nessuno comunque potrà negare che  la svolta a destra austriaca è destinata a pesare negli equilibri della Unione Europea in un momento in cui le divisioni, soprattutto tra Paesi dell’Est e dell’Ovest del continente, sono in crescita, e nessuno potrà negare (qualunque sarà la conclusione) che quanto accadrà fra 72 ore in Catalogna inciderà non solo negli equilibri interni della Spagna, ma pure dell’apparato europeo.

In Catalogna gli ultimi sondaggi indicano che dalle urne non dovrebbe emergere una maggioranza netta, né per gli indipendentisti, né per gli unionisti, ma appare evidente che la campagna elettorale abbia avuto un corso sicuramente “anomalo”, tenuto conto che da parte dei fautori dell’Indipendenza la maggior parte dei protagonisti l’hanno condotta (e la stanno conducendo in queste ultime ore) dal carcere dove si trovano rinchiusi, o lontani dallo stesso elettorato, da Bruxelles, come l’ex presidente Carles Puigdemont e alcuni “ex” ministri riparati in Belgio per sfuggire ai mandati di cattura emessi dal Tribunale supremo spagnolo.

È chiaro il messaggio lanciato da Carles Puigdemont: Se vogliamo uno Stato indipendente, votiamo come farebbe uno Stato indipendente, con una mentalità da Stato indipendente, ma prima di tutto sconfiggiamo il pessimismo, sconfiggiamo l’oscurantismo dell’articolo 155 e scacciamo la paura dalle nostre strade. Gli indipendentisti questa elezione viene considerata la “riedizione” del controverso e contrastato Referendum del primo ottobre: in caso di loro vittoria il premier spagnolo Mariano Rajoy sarebbe costretto a negoziare, ma soprattutto perderebbe la credibilità e l’appoggio incondizionato che l’Europa ha dato al suo operato. La preoccupazione principale degli indipendentisti è quella che anche se raggiungeranno la maggioranza assoluta lo Stato spagnolo potrà sempre continuare ad applicare l’articolo 155 e dunque la situazione non soltanto potrebbe rimanere immutata, ma potrebbe provocare reazioni negative di massa. Reazioni che, almeno fino ad oggi, sono state contenute nel pieno equilibrio.

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