“Suicidio di mafia” il libro denuncia contro lo Stato che ha taciuto

Condividi questo articolo?

SUICIDIO DI MAFIA”: UN LIBRO PER DENUNCIARE LO STATO CHE HA TACIUTO
LE ACCUSE DELLA MADRE ANGELA ALL’EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO E AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ORLANDO

di Giuseppe Stefano Proiti

La storia di Attilio Manca è un altro quadratino di quel rebus che non quadra chiamato “Trattativa Stato-mafia”, un ennesimo nocciolo di assurdità legato alla nostra dannata nazione. Per anni si è ceduto al silenzio, non solo per la paura, per la rabbia, ma anche perché il sentimento dello sdegno ha assorbito tutto, anche la voce. Perché … come si fa a trovare parole per commentare certe bassure cui si arriva pur di inseguire la deriva? Perché … una sola cosa è certa: di deriva criminale si tratta … dello Stato, della Magistratura, del singolo cittadino.
E’ sostanzialmente questo il motivo per cui oggi 23 novembre, alle ore 17.00, il direttore dell’ Accademia di Belle Arti (Catania, via Vanasco n. 9), prof. Virgilio Piccari, in collaborazione con la prof.ssa Maria Liliana Nigro (docente di Storia del Costume) e con la giornalista Elisa Guccione (moderatrice dell’incontro), hanno deciso di organizzare in aula magna la presentazione del libro “Un suicidio di mafia. La strana morte di Attilio Manca” (Castelvecchi).
Per la prima volta, dopo quasi 14 anni, si sveleranno molti enigmi del “Caso Manca”, che sarà affrontato dal punto di vista medico-legale e criminologico grazie alla partecipazione dell’avvocato Giuseppe Fiorito (criminologo), del prof. Cataldo Raffino (medico legale), dell’ex presidente della Commissione antimafia europea Sonia Alfano.

Queste le anticipazioni dell’autore del libro, il giornalista Luciano Mirone: << Io non so se della terribile vicenda di Attilio Manca verremo mai a capo, e non so neanche se ci sarà mai un governo serio che un giorno vorrà scoprire la verità. So però che le persone perbene di questo Paese non possono restare indifferenti al cospetto di accadimenti così paradigmatici.
Tutto inizia il 12 febbraio 2004. Un brillantissimo urologo siciliano di 34 anni – il primo in Italia ad operare il cancro alla prostata con il sistema laparoscopico – viene trovato morto nella sua casa di Viterbo (città nella quale lavora). Al braccio sinistro presenta due buchi, a poca distanza vengono trovate due siringhe. Il suo volto è pieno di sangue. Il setto nasale è deviato. Le labbra gonfie e tumefatte. I testicoli grossi come arance e presentano una evidente ecchimosi. I magistrati laziali non hanno dubbi: il giovane medico si è iniettato due “pere” di eroina ed è morto. Peccato che lo abbia fatto nel braccio sbagliato, perché Attilio Manca è un “mancino puro” e quei fori si sarebbero dovuti trovare nel braccio destro. E peccato pure che quelle due siringhe siano state analizzate “solo” dopo otto anni, senza che venissero trovate impronte digitali, né di Attilio né di altri. E allora perché i magistrati si ostinano a portare avanti la tesi del “suicidio” per overdose? Non si sa. E però si sa che l’ex parlamentare europea Sonia Alfano ha dichiarato di essere sicura che Attilio Manca è stato ucciso, e che dietro questo assassinio camuffato da “inoculazione volontaria” di eroina c’è l’operazione di cancro alla prostata alla quale nel 2003 era stato sottoposto a Marsiglia il boss corleonese Bernardo Provenzano, l’uomo della Trattativa Stato-mafia, in quel periodo latitante. Perché Sonia Alfano non è mai stata ascoltata dai magistrati? Perché non sono stati sentiti il padre, la madre, il fratello dell’urologo (al processo addirittura estromessi come parte civile). Perché non sono stati interrogati dei testimoni-chiave? Perché non sono mai state fatte indagini serie, soprattutto nella città di origine sia di Attilio che della stessa Alfano, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), dove nel 1994 venne ucciso il giornalista Beppe Alfano, padre dell’ex europarlamentare, e dove hanno trovato la loro latitanza dorata boss del calibro di Gerlando Alberti jr, Nitto Santapaola e dello stesso Provenzano >> ?

Qui, oltre il danno, c’è pure la beffa. E’ possibile avvertire quel pugno allo stomaco … è possibile sentire, seppur leggendo, quell’urlo lancinante di una madre che non si arrende, che mai si è arresa: << Avevo sempre quell’immagine davanti a me: una maschera colante di sangue, quel volto convesso sul materasso, quel corpo massacrato in ogni dove. Assieme alla mia famiglia ho dovuto lottare con tutte le mie forze già all’indomani della tristissima notizia. Oltre ad avermelo ucciso in modo orrendo, volevano pure infangargli la memoria, gli avevano gettato addosso quel marchio infame di drogato. In questi lunghissimi 14 anni ci sono state chiuse tutte le porte, dalla magistratura, dalla politica. Per giudici e politici, quelle due iniezioni letali di overdose non erano un alibi, ma la vera causa della morte. Peccato però che c’è un’intercettazione telefonica di un uomo molto vicino a Bernardo Provenzano: quest’ultimo aveva un tumore alla prostata ed era stato seguito da un urologo molto bravo.
La politica addirittura si è frapposta al nostro cammino di verità: abbiamo saputo di una telefonata di Giorgio Napolitano per chiedere notizie al riguardo. E quando mai un Presidente della Repubblica si informa di una persona morta per droga? Perché Napolitano non ha chiamato noi? In primo luogo per darci conforto, e poi … chi meglio dei familiari avrebbe potuto darGli delucidazioni?
C’è stato un muro di gomma, continue reticenze, continui depistaggi, tabulati telefonici spariti. Quando ho saputo di quest’intercettazione avevo finalmente tirato un sospiro di sollievo, credevo che la verità fosse vicina. Ma invece non abbiamo ottenuto nulla, la Procura di Viterbo non ha mai ascoltato tutto quello che avevamo da dire. Si sono susseguiti nel tempo diversi pentiti, tra cui uno di Barcellona Pozzo dii Gotto, che ha confermato che fu Attilio a visitare Provenzano, e che dietro quest’omicidio c’erano pure i Servizi Segreti. Ma la Procura di Viterbo è sempre andata avanti tappandosi occhi e orecchie.
Ultimamente un altro pentito aveva fatto importanti dichiarazioni alla Procura di Messina, trasmesse a sua volta alla Procura di Roma. Ma anche quest’ultima ha taciuto sul caso. A quel punto lo stesso pentito ha contattato il dottor Antonio Ingroia, l’allora mio legale difensore. Gli disse che aveva ricevuto dai suoi capi quest’ordine: “Devi uccidere un medico a Barcellona Pozzo Di gotto. Lui verrà in Sicilia per le vacanze di Natale. E’ una persona per bene, la famiglia non si ribellerà, noi ti forniremo una pistola, e il mezzo di trasporto”. Passano le vacanze di Natale e il pentito dichiara ad Ingroia che i suoi capi non si erano più fatti sentire. Dopo l’omicidio di Attilio, il pentito chiede spiegazioni ai boss su chi l’avesse ucciso. Questi gli dicono: “abbiamo scelto una via più sicura. Ad ucciderlo è stato il cugino Ugo Manca, De Pasquale (a sua volta assassinato), ed altre persone”.
Ci sono senatori che in Parlamento hanno fatto interpellanze parlamentari. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha risposto così: <<Ho esaminato le carte, e da queste era altamente deducibile che Attilio è morto per droga, anche perché lo dicono i due barcellonesi Salvatore Fugazzotto e Guido Ginepri, (il migliore amico di Ugo Manca).
Avrei pure accettare da un Ministro della Giustizia anche la più banale delle dichiarazioni, come “Non ho letto le carte”, oppure “Mi fido della Procura di Viterbo”, ma che faccia pure nomi e cognomi dei personaggi amici di Ugo Manca, di cui uno dei due è indagato nell’omicidio di mio figlio è vergognoso. Che rabbia. Mi chiedo come a quei “livelli di Stato” si possa agire così sfacciatamente davanti ad un’opinione pubblica che è pacifica sulla verità!
Credo che, sentirsi soli, abbandonati persino dalle istituzioni, sia la cosa più brutta che possa accadere a un cittadino italiano.
Adesso, dopo questo lungo calvario, forse, si apre uno spiraglio di luce: il procuratore Pignatone di Roma, ha aperto un fascicolo per omicidio “da parte di ignoti”, nonostante ci siano nomi e cognomi certi.
Questa per me è una piccola-grande conquista, l’unica cosa che, assieme ai teneri abbracci dei bambini negli incontri con le scuole, mi da consolazione, tanto calore nel freddo di quest’indifferenza, tanta serenità … e mi fa continuare ad andare avanti in quest’ardua battaglia per la Giustizia … sperare in un mondo migliore. Ad alta voce vorrei dire: “Io sono Attilio” >> !

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.