Elezioni regionali Sicilia: le riflessioni, il voto, il baratro, la speranza

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di Luigi Asero

 

È il giorno del silenzio elettorale, questo sabato 4 novembre. Giorno in cui si festeggiano anche le Forze Armate. Una coincidenza. Eppure questo ci induce a sperare in un giorno che porti i siciliani a riflettere sull’importanza della legalità quando, domani, con due semplici “croci” si sceglierà chi eleggere al Parlamento Regionale.

Questo giornale, per scelta da anni, non si schiera apertamente. Ognuno di noi, di quanti ci scriviamo, pochi in verità, ha chiaramente le sue idee e non per forza coincidenti, ma proprio per questo si è deciso di non prendere precise posizioni e di limitarci a raccontare i fatti, le discrepanze, i problemi della nostra terra. Senza indicare liste e/o candidati. Una scelta pavida? Forse… Forse tale apparirà ai più, ma non lo è. Semplicemente perché nasce dalla triste consapevolezza che tutti i rappresentanti siciliani al governo regionale e nelle Istituzioni nazionali e internazionali hanno sempre, sistematicamente, dolosamente, scelto di tradire questa terra.

Lo hanno fatto spremendola sempre fino all’osso, spremendone addirittura il futuro. La Sicilia -questo troverà il futuro governatore che uscirà dalle urne il 5 novembre- ha un debito di quasi 6 (sei) miliardi di euro, con mutui che impegnano a mantenere al massimo livello la tassazione regionale per i prossimi 30 (trenta) anni. La Sicilia ha il più alto tasso di disoccupazione che fra i giovani raggiunge addirittura il 22% (contro il già altissimo 11% della media nazionale).

Sì, dentro di noi, per l’affetto che ci lega a questa terra, speriamo che qualcosa di buono possa uscir fuori dalle urne quando si chiuderanno domenica sera. Ma è un po’ come la “luce in fondo al tunnel” che in troppi (proprio fra coloro che si stanno stracciando le vesti in ennesime promesse) ci hanno annunciato. Questo tunnel purtroppo lo vediamo molto lungo e questa terra ben lontano dall’uscirne e finalmente inebriarsi gli occhi.

Ecco il motivo di questo titolo forse diverso da quelli che leggerete nella stampa di oggi. Speriamo nella luce, temiamo il baratro. Perché non ci sembrano credibili (non più) i candidati e le liste di storica memoria, non ci sembra credibile un popolo che sappia alzare la testa, non ci sembra credibile una terra che sappia riscattarsi abituata com’è a chinare il capo e a rassegnarsi. Perché in qualche maniera ci hanno insegnato che “meglio di così non si può, che di più non si può fare, che è una terra bellissima ma soffre di atavici problemi”. Qualcuno dice e promette che lo diventerà, ma cosa? Bellissima lo è già. Ma è stata violentata, stuprata, derubata, maltrattata, uccisa, affamata. E chi ha perpetrato questi crimini chiede ancora mandato (in quasi ogni coalizione sia chiaro) e si prepara, chiunque vinca, a continuare a distruggere ciò che la natura ci ha dato, ciò che il sudore dei siciliani onesti ha creato.

Non è più un problema “solo” di mafia, di coppole e lupara, è invece un problema di alta finanza, di poteri più o meno occulti e più o meno potenti. Dicono che siamo alla svolta. Lo crediamo. Vogliamo crederlo. Non indichiamo nulla, gli elettori non sono stupidi. E men che meno i nostri lettori. Pensate al passato, ricordate quante promesse, quanti personaggi in cerca d’autore hanno ridotto questa terra alle condizioni che conosciamo. Poi votate, votate tutti. Chi vi pare, ma andate a votare. È l’unica speranza che ci resta: che tutti si vada a votare. Votate con coscienza. Forse alla fine del tunnel potremo arrivarci, se non noi almeno i nostri figli e nipoti.

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