Piccola storia di mio padre

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di Salvo Zappulla

 

Ho provato una piacevole sensazione di tenerezza a leggere questa breve storia di Patrizia Vacante (“Piccola storia di mio padre”, Morrone editore). Una figlia che rievoca le gesta del padre affinché non se ne disperda la memoria, affinché gli altri, attraverso le pagine di un libro, possano condividerne  il percorso umano e artistico. Quella copertina dell’uomo in bicicletta che attraversa le strade di Lentini per arrivare a Catania dal suo maestro, ha qualcosa di nostalgico e caparbio allo stesso tempo. Una immagine di grande forza. La vita, se si crede nei propri sogni, va affrontata a pedalate, strizzando sudore, sfidando il vento e il gelo, o il caldo afoso. Nulla ci viene regalato. Pippo Vacante era un artista, dipingeva, decorava e nel 1935 non era facile, per chi nasce povero, dedicarsi all’arte. Ma lui ci credeva, ci credeva con tutte le proprie forze e non si sarebbe arreso per nessuna ragione al mondo. Ed ecco che comincia il suo apprendistato presso il maestro catanese Sebastiano Pennisi, in una Sicilia che profuma di zagara e limoni, mimose e rosmarino. Ulivi e carrubi secolari che affondano le proprie radici nella terra. Colori e profumi descritti con maestria da Patrizia Vacante, tanto da farceli sentire,  renderci partecipi della loro bontà. E in più racconta tutta una serie di aneddoti, risalenti al periodo adolescenziale dell’artista, che rendono ancora più piacevole la lettura di questo libro. Pippo Vacante ha realizzato cose importanti nella vita, ha restaurato gli affreschi di palazzo Beneventano,  ha lasciato dipinti che hanno ricevuto giudizi  lusinghieri da esperti critici d’arte (prediligeva nature morte, temi floreali, paesaggi e ritratti)  ma forse l’eredità più preziosa è questa figlia capace di tenerne viva la memoria.

 

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