Catalogna commissariata, ora può finire peggio

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di Salvo Barbagallo

 

Ora può accadere di tutto, certo non nel verso positivo: Catalogna commissariata a seguito dell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, le cui misure entreranno in vigore dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato, prevista per il prossimo venerdì. Il pugno di ferro del Governo di Mariano Rajoy è sceso pesante (e forse mortale) sull’aspirazione all’Indipendenza che i Catalani hanno espresso con un Referendum osteggiato e anche repressivo con l’invasivo intervento della Guardia Civil. L’ultimatum di Madrid al governatore della Catalogna Carles Puigdemont era scaduto alle ore dieci di giovedì scorso (19 ottobre), ed era ampiamente prevista la decisione ufficializzata oggi (21 ottobre) di mettere in funzione l’articolo 155 che dà a Rajoy i poteri di assumere le competenze del Parlamento Catalano, iniziando dagli interni, con il controllo dei Mossos d’Esquadra (la polizia locale), dell’economia e dei mezzi di informazione radiotelevisivi (Tv3 e Radio Catalunya). Il governo spagnolo, attraverso i delegati che nominerà in Catalogna, potrà destituire e sostituire i dirigenti di polizia.

Le motivazioni della richiesta di attivazione dell’articolo 155 (che revoca l’autonomia della Catalogna) sottolineano che Carles Puigdemont si è reso responsabile di una “disobbedienza ribelle, sistematica e consapevole degli obblighi previsti dalla legge e dalla costituzione e ha gravemente attentato all’interesse generale dello stato: il governatore della Catalogna può essere arrestato, rischiando sino a 30 anni di carcere. Dello stesso reato possono essere accusati anche tutti i ministri catalani. Nel suo discorso di annunci dell’applicazione dell’articolo 155 Rajoy ha messo in chiaro che il governo non poteva accettare un referendum indipendentista: La finalità del 155: “Tornare alla legalità, recuperare la normalità e la convivenza, continuare con la ripresa economica e andare a nuove elezioni in Catalogna“. Di fatto il governo di Madrid ha deciso di proporre al Senato la rimozione del presidente della Generalitat Carles Puigdemont, del vice presidente Oriol Junqueras e degli altri membri del governo regionale

Oltre mezzo milione di catalani e più è sceso in piazza: si sono dati appuntamento sul Passeig de Gracia, nel centro di Barcellona, per la grande manifestazione convocata dal Tavolo per la Democrazia contro il commissariamento della Catalogna deciso da Madrid e contro la detenzione dei due leader indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart. Fra i manifestanti anche il presidente Carles Puigdemont, accolto da applausi e grida di sostegno. Il sindaco di Barcellona Ada Colau ha denunciato “l’offensiva autoritaria contro tutta la Catalogna è un grave attacco ai diritti e alle libertà fondamentali. Siamo un solo popolo contro l’oppressione ora dobbiamo rappresentare a livello politico questa unità”. Il Pdecat (il partito del presidente catalano Puigdemont) afferma: “Le misure annunciate sono un colpo di stato contro il popolo catalano”. Lo scontro, insomma, è ben lungi dall’essersi concluso. Anche perché Anche Podemos si è schierata al fianco del Pdecat, sottolineando di essere”sotto shock” davanti alla “sospensione della democrazia non solo in Catalogna ma anche in Spagna“. Tutto questo puzza di franchismo, siamo tornati al 1975 – ha detto il portavoce del partito nella Camera alta del Parlamento di Barcellona, Josep Lluis Cleries -. Hanno usurpato il potere del governo della Catalogna, coprendosi falsamente con l’articolo 155. Il governo non resterà con le braccia incrociate“.

 

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