Sicilia “potenza nucleare” senza saperlo?

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Donald Trump a Sigonella

di Salvo Barbagallo

 

Da diverse settimane, forse più, la minaccia dei missili di Kim-Jong Un non fa dormire sonni tranquilli a Donald Trump, e non solo al presidente USA. Anche in Europa c’è chi è preoccupato, e lo dimostrano le parole del ministro francese della Difesa, Florence Parly che giorni addietro ha sottolineato il pericolo, affermando: i missili nordcoreani potrebbero essere in grado di raggiungere l’Europa “prima del previsto. Lo scenario di una escalation verso un grande conflitto non può essere scartato. L’Europa rischia di essere alla portata dei missili di Kim Jong Un prima del previsto.

Marines a Sigonella

Anche la grande stampa italiana ha posto in evidenza il delicato argomento della proliferazione delle armi nucleari, non solo quelle presunte in possesso della Nord Corea, dando più o meno risalto alla questione, ma senza ignorarla. Già all’inizio dell’anno (il 20 gennaio) Stefania Maurizi su L’Espresso su nuovi test condotti dagli USA in riferimento a una “inedita” bomba all’idrogeno “B61-12”, l’ordigno con cui gli Stati Uniti rimpiazzeranno le vecchie armi nucleari americane presenti in Europa e quindi anche quelle che si trovano in Italia (…) che costerà la folle cifra di circa mille miliardi di dollari nei prossimi trenta anni, innescherà una nuova corsa agli armamenti e rischia di sdoganare, per la prima volta dopo Hiroshima e Nagasaki, l’uso delle armi nucleari in combattimento.  Che ha ricordato che Due anni fa, Hans Kristensen della “Federation of American Scientists” di Washington, ha aiutato il nostro giornale a rivelare come l’Italia sia diventata la nazione che schiera il maggior numero di ordigni nucleari Usa presenti sul suolo europeo: settanta bombe del tipo B61-3 e B61-4 su un totale di centottanta armi nucleari (…). E due giorni addietro (11 settembre) Il Fatto Quotidiano ha offerto un quadro abbastanza esauriente della situazione con un ampio servizio (due pagine) di Enrico Piovesana dal titolo “Risiko nucleare, la minaccia non arriva solo da Kim”, affiancato dall’articolo di Guido Rampoldi “Mediterraneo arabo armato, il prossimo passo anti Iran”. Quindi c’è da sostenere che le “cose” importanti vengono dette se pure su livelli generali, ma, purtroppo i lettori seguono con più attenzione i gravi fatti di cronaca che la quotidianità propone, e appaiono distratti per le problematiche che possono suscitare allarmi.

Mentre è giunta (opportunamente, ma inascoltata) il 12 luglio scorso sul quotidiano La Repubblica la denuncia di Stefania Maurizi sul blackout imposto sulla situazione nucleare altrui in Italia (Buio totale. E’ questo che ci aspetta d’ora in poi per le armi nucleari americane stoccate in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi. Una completa assenza di trasparenza. Sì, perché il Pentagono non rivelerà più i report delle ispezioni di sicurezza sui suoi armamenti atomici. Per decenni questo tipo di informazioni sono rimaste accessibili al pubblico e hanno permesso di avere un minimo di controllo sulla gestione degli arsenali da parte dei militari, per capire se venivano rispettate misure di sicurezza rigorose e adeguate. Ora, però, con un’improvvisa inversione a U, il Pentagono ha deciso che questi dati verranno secretati. Non sarà quindi più possibile sapere se le bombe di Aviano e a Ghedi hanno falle di sicurezza, emerse grazie a ispezioni ufficiali dello stesso governo americano), altre pericolose carenze (o, meglio, lacune) vanno registrate sulle conoscenze “militar nucleari” della Sicilia.

Sul sentiero delle informazioni che riguardano la Sicilia, infatti, la grande stampa sembra camminare come se fosse colpita da handicap irreversibili: principalmente c’è buio pesto su ciò che contengono i diversi depositi sparsi sul territorio isolano che sono sotto il controllo (in “compartecipazione” con l’Italia) degli statunitensi. In realtà si fa riferimento costantemente ad Aviano e Ghedi quali location degli ordigni atomici made in USA che stazionano nel nostro Paese, ma nessuno ha mai escluso che nei depositi di Augusta, o di Sigonella o di altre basi note e ignote possono esserci dormienti altri micidiali ordigni di distruzione di massa.

Se nell’uso comune un Paese che “possiede” bombe atomiche è annoverato nella ristretta cerchia dei Paesi che le bombe producono, anche l’Italia e la Sicilia dovrebbero fare parte di questo esclusivo club della morte.

Certo, in teoria (ma solo in teoria?) la Sicilia con forte presenza armata “stabile” e “straniera” (quella Stelle e Strisce che viene d’Oltre Oceano), potrebbe pretendere l’ambito titolo di “Potenza nucleare”. A maggiar ragione… se le “bombe”, per l’appunto, non sono sue… Fantapolitica o giuoco del paradosso?

La verità è che solo una cerchia ristretta (molto ristretta) conosce cosa “possiede” la Sicilia in materia di armamenti. Si presta a tante interpretazioni la circostanza che il Governo Regionale e i parlamentari e senatori siciliani che siedono a Roma dagli Anni Cinquanta in poi (data dell’insediamento USA in Sicilia) non si siano mai occupati (volutamente?) di questioni così delicate.

Questioni, purtroppo, che non sembrano – a conti fatti – interessare anche gli stessi Siciliani. Perché, allora, se ne dovrebbe occupare la grande stampa?


*Nella foto di copertina l'installazione di una Loggia massonica all'interno
della base militare USA di Sigonella

Sigonella Travelers Lodge

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