Inquinamento: dopo anni di denunce, sotto sequestro impianti Esso e Isab di Augusta

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di Vittorio Spada

 

Sta suscitando scalpore la decisione presa dal gip di Siracusa, su richiesta della Procura della Repubblica, che ha disposto il sequestro preventivo dello stabilimento Esso e degli stabilimenti Isab Nord e Isab Sud del polo petrolchimico siracusano. È un provvedimento che viene considerato senza precedenti, probabilmente tardivo ma comunque già criticato in quanto il polo petrolchimico aretuseo viene a tutt’oggi considerato uno dei più importanti d’Europa. E ciò nonostante che il feroce inquinamento abbia provocato vittime e distrutto un intero territorio. L’inchiesta che ha portato al provvedimento della Procura di Siracusa è scaturita da esposti e denunce che si susseguono da anni e anni di cittadini, movimenti ambientalisti ed enti e istituzioni. Il sequestro è stato eseguito dal Nictas e dall’aliquota della Polizia della Procura. Il gip ha dato 15 giorni di tempo alle società per decidere se aderire alle prescrizioni. Sia la Esso, che la raffineria impianti Sud dovranno ridurre le emissioni provenienti dagli stabilimenti.

L’inquinamento ambientale ha assunto dimensioni incalcolabili in Sicilia ed in particolare nell’area sud-est, tra Augusta-Melilli-Priolo. Fra gli inquinanti ritenuti cancerogeni, mutageni, teratogeni e neurotossici, sono inseriti le diossine, il mercurio, gli idrocarburi policiclici aromatici, il benzene, i pbc, il piombo, l’arsenico. Il territorio che “ospita” il Polo Petrolchimico di Siracusa fino agli Anni Quaranta era fra i più splendidi della Sicilia Orientale: alle porte di Siracusa, acque limpide e terreni ricchi di storia dove insistono reperti archeologici di grande importanza. Storia più che travagliata, quella del Polo Petrolchimico il cui risultato principale fu il mutamento socio-economico dell’intero territorio, da agricolo e turistico a industriale. Gli investimenti pubblici, gli investimenti privati e le leggi regionali sugli idrocarburi resero possibile l’impianto del primo complesso di raffinazione ad Augusta già a partire dal 1949 (con inizio dell’attività l’anno dopo). La scelta della Sicilia per gli impianti di raffinazione non fu casuale: già dall’anteguerra l’Agip aveva fatte ricerche petrolifere nel ragusano, poi abbandonate ma riprese nel 1946 dalla Gulf Oil Company del New Jersey. Nel 1954 iniziava l’attività estrattiva della Gulf Italia nell’area ragusana. Qualche anno dopo, nel vittoriese, anche la britannica BP ritrovava il petrolio e ugualmente avveniva nel gelese ad opera dell’ENI. Il fatto poi che la Sicilia sud orientale fosse sulla rotta del petrolio medio-orientale determinò dal punto di vista logistico la scelta di impiantare in tali zone i complessi di raffinazione. A supporto ed integrazione dell’area, una dopo l’altra, nacquero tantissime altre aziende dell’indotto, anche grandi, come quelle della cantieristica per la costruzione di piattaforme petrolifere marine. Il dibattito sulle scelte da fare tuttavia fu piuttosto acceso tra coloro che vedevano nello sviluppo dell’agroalimentare la risorsa da propugnare e quelli come don Luigi Sturzo che si batteva per una industrializzazione spinta come fattore di crescita economica e dell’occupazione. Il primo insediamento industriale nacque ad Augusta nel 1949 con un complesso di raffinazione del petrolio greggio che prese il nome di Rasiom dando occupazione a 650 dipendenti. La produzione ebbe inizio nel 1950; nel 1954 iniziò ad arrivare via ferrovia il petrolio greggio estratto sull’altipiano ibleo. Fino al 1957, anno in cui venne attivato l’oleodotto che univa l’area di estrazione (Ragusa) e quella di raffinazione (Augusta) venivano impiegati tra 7 e 8 treni giornalieri di carri cisterna. La RASIOM aumentò la raffinazione successivamente fino a 8 milioni di tonnellate annue di greggio. Da quei periodi il Polo è andato crescendo a dismisura sino a diventare un punto focale nell’industria del petrolio. E non solo. In contrada Targia sorse un indotto di fabbriche edili per sopperire alle richieste sempre più crescenti di materiali: il cementificio S.a.c.c.s. (Società Azionaria Calce e Cemento di Siracusa) con 120 addetti. Ma già nel 1955 era sorta la fabbrica della Eternit Siciliana per la produzione di manufatti in cemento e amianto, con 330 operai occupati. A supporto degli impianti vennero sviluppate anche le infrastrutture portuali che ampliarono il porto di Augusta. Ovviamente sempre questioni di investimenti dove il problema ambientale non avrebbe potuto avere alcun peso: Tra il 1956 e il 1959 l’area di Augusta/Priolo fu, infatti, oggetto di investimenti per un totale di 130 miliardi di lire i cui finanziamenti furono erogati dalle sezioni speciali degli istituti di credito regionali (Banco di Sicilia in testa). La provincia di Siracusa tra il 1954 e il 1963 ottenne il 37% dei finanziamenti complessivi regionali dell’Irfis. Il reddito netto per abitante della provincia di Siracusa, nel decennio 1951-1961, passò da Lire 134.196 a Lire 327.168 con un tasso di incremento del 12% rispetto all’8,5% di quello del resto della Sicilia. Il numero di occupati nel decennio ’51-’61 aumentò fino alla cifra di circa 13.000 unità, mentre i dati sull’occupazione complessiva tra 1951 e 1963 mostravano un aumento del 7,13%. Nella sua massima espansione gli stabilimenti e le infrastrutture industriali hanno raggiunto una copertura di 2700 ettari. Nel ventennio ’50-’70, il Polo garantiva 20.000 posti di lavoro. L’impianto di un complesso industriale tanto invasivo non poteva non avere effetti modificativi del territorio occupato. I primi impianti, sorti a sud della città di Augusta, si estesero su aree poco coltivate o a pascolo, fino a raggiungere l’agglomerato di Priolo Gargallo. Gli stabilimenti vennero disposti a partire dal termine dell’area portuale di Augusta inglobando al proprio interno il binario delle Ferrovie dello Stato fino alla stazione di Megara Giannalena.

Una prima modifica ambientale (con conseguenze che si sarebbero avvertite nel corso degli anni) fu quella dell’imbrigliamento delle falde acquifere dei fiumi e torrenti incorporati per utilizzo industriale mentre gli stessi alvei vennero usati a scopo di scarico di acque reflue spesso molto calde. Il porto di Augusta venne di volta in volta esteso fino a raggiungere le porte di Siracusa con l’ultimo pontile di Santa Panagia occupando l’intera baia di Augusta. La costruzione delle varie dighe foranee ebbe effetti modificativi importanti sulle correnti marine accertati di volta in volta da indagini conoscitive private e pubbliche. La costruzione delle strutture industriali con i suoi km di tubazioni e intralicciature ha coperto alcune aree archeologiche non ancora scavate e ne ha inglobate altre rendendone difficile la fruizione: Uno dei maggiori torti subiti dall’area siracusana è stata la deturpazione degli importanti siti archeologici di Megara Hyblaea, di Thapsos e di Stentinello di cui è depositaria la zona in virtù del suo storico passato e degli insediamenti preistorici. Innegabile anche la profonda alterazione delle coste e dei fondali marini. La scelta di costruire il polo petrolchimico ha avuto effetti fortemente negativi sul settore turistico. Oggi sono in molti oggi a chiedersi se sia stata una scelta felice destinare un’area costiera così bella e vasta, ricchissima di testimonianze archeologiche di immenso valore, a zona industriale così invasiva ed inquinante quale è quella petrolifera.

L’aspetto più negativo della questione Petrolchimico di Siracusa era e resta l’inquinamento. Nonostante i molti gridi di allarme fu solo nel 1990 che l’area venne dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale. Il 17 gennaio 1995 veniva emanato un DPR che prevedeva la messa in opera di un piano di disinquinamento del territorio della provincia di Siracusa-Sicilia orientale con uno stanziamento, da parte del Ministero dell’Ambiente, di 51,6 milioni di Euro, trasferiti alla Regione siciliana; da questa, 28,5 milioni per l’attuazione degli interventi. L’indiscriminato scarico di sostanze inquinanti nell’atmosfera, nel sottosuolo e nel mare ha finito col provocare uno squilibrio ecologico dell’intera area e del mare. Veri e propri disastri ambientali sono stati accertati o scoperti solo a grande distanza di tempo; è avvenuto l’inquinamento delle falde acquifere dell’area circostante ma anche il loro progressivo abbassamento a causa del pompaggio ininterrotto per gli impianti di raffreddamento. La mancanza o carenza di normative di sicurezza è stata anche concausa di incidenti, a volte anche ravvicinati, con incendi e esplosioni disastrose, emissioni improvvise di nubi maleodoranti e stranamente colorate. Quando vennero resi noti i pericoli legati all’amianto, la fabbrica Eternit alle porte di Siracusa venne chiusa senza prevedere a carico della società proprietaria la bonifica ambientale. Studi ordinati in seguito a processi sulla mortalità ad Augusta per cause tumorali hanno evidenziato, per il periodo dal 1951 al 1980, il seguente aumento della mortalità rispetto alla media: tra 1951-55, dell’ 8,9%, tra 1976-80 del 23,7% per raggiungere punte del 29,9% nel 1980 con prevalenza di tumore polmonare nei maschi. Dal 1980 ad Augusta cominciano le prime segnalazioni di nascita di bambini malformati: in quell’anno su 600 nati si ebbero 13 bambini con malformazioni congenite di diverso tipo, di cui sette non sono sopravvissuti. Dal 1980 al 1989 la percentuale dei nati malformati ad Augusta è stata dell’1,9% contro una media nazionale dell’1,54% e una percentuale per l’Italia meridionale dell’1,18%.
Nel decennio successivo, dal 1990 al 2000, la percentuale ad Augusta aumenta fino ad una media dell’intero decennio del 3,18% con un picco nell’anno 2000 con il 5,6% dei nati malformati. Ad Augusta risulta un eccesso anche delle malformazioni genitali: negli anni 1980-1989 interessavano il 214 per mille dei nati (quando la media nazionale era del 100 per mille), mentre nel decennio 1990-2000 i casi sono aumentati al 303 per mille. In particolare, tra le malformazioni dell’apparato genitale, l’ipospadia nel periodo 1990-1998 in Augusta ha interessato il 132 per mille dei nati, contro un 79 per mille nella Sicilia Orientale.

Il provvedimento deciso dalla Procura della Repubblica può essere un inizio di una “rivalutazione” del problema “Polo Petrolchimico di Siracusa”, che pone sul tappeto anche una questione che viene considerata quasi un “tabù”: la presenza periodica e sistematica nel porto di Augusta di naviglio nucleare e la presenza nello stesso territorio di depositi militari il cui contenuto è ignoto.

Fonti: Wikipedia, Il Corriere della Sera, La Stampa, Agen

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