Pieter Paul Rubens e la pittura della controriforma: il fedele che vuole parlare con Dio

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di Giuseppe Stefano Proiti

Con l’inaugurazione della mostra in omaggio a Tiziano è nato a Troina il Museo Civico d’Arte Moderna, accolto negli spazi appositamente progettati per eventi espositivi all’interno della Torre Capitania. Una sala gremitissima, lo scorso 22 aprile, tra le mura robuste di un gioiello architettonico singolare, appartenente alla prima fase dello stile normanno in Sicilia, dove già nel 2016, migliaia di cittadini, visitatori, studiosi, studenti e docenti, hanno potuto ammirare la luminosità e l’espressione dell’arte rinascimentale. Quest’anno, in linea con gli intenti iniziali, i cui sviluppi sono stimolati ed attesi da tutta la comunità locale e dal mondo scientifico, d’intesa con il curatore storico-artistico, si è pensato di proporre l’ampliamento stilistico e cronologico del progetto culturale intrapreso. Se infatti con Paolo III e Tiziano furono esaminati i segnali di apertura e rinnovamento previsti dalla “Controriforma”, quest’anno è stato naturale pensare all’applicazione visuale dei concetti innovativi. E’ per tale ragione che è venuto alla luce Pieter Paul Rubens, come perno centrale di un ragionamento culturale che tocca le radici religiose, sociali ed artistiche dell’età barocca. Alle opere di questo grande maestro del nord, che visse per molto tempo in Italia, raccogliendo le tensioni innovative e le nuove istanze della fede, abbiamo affiancato un nutrito gruppo di dipinti appartenenti ai migliori artisti europei vissuti, in buona parte, a cavallo del Cinquecento e del Seicento. Ci riferiamo a Gerrit Van Honthorst, Pietro Novelli, Salvator Rosa, Luca Giordano, Semplice da Verona, e ad un artista che ebbe modo di lavorare per la nostra Troina, Scipione Pulzone. I visitatori non mancheranno di notare la differenza sostanziale tra le opere di impostazione canonica, apprezzate nella precedente esposizione, e quelle libere della mostra in cantiere. La pittura della “Controriforma” deve la sua fortuna stilistica ed espressiva agli ordini religiosi e in particolare ai francescani che, meglio di altri, seppero comprendere e far tradurre con linguaggio semplice il nuovo messaggio. Non più “Assunzioni” e “Annunciazioni”, ma “Crocifissioni” e scene di martirio, pentimento, contrizione. Non più la bellezza compiuta dalla solarità piena, ma l’umanità sofferente con le sue ferite, i lamenti e le privazioni. La tavolozza perde gli azzurri e i verdi degli scenari rinascimentali e si carica di porpora sanguigna, di tinte terrose, di ombre cimiteriali in cui, come luce di salvezza, appare l’Eterno. Fiamma che accompagna l’estasi, luce che anticipa la rinascita dell’essere.
Gli artisti che vivono nella stagione della Controriforma sono consapevoli di dover spiegare contenuti dottrinali complessi, e lo fanno senza ricorrere a intellettualismi complicati. Il pittore, lo scultore, devono presentare al popolo la storia della “Redenzione” coinvolgendolo emotivamente. Attraverso i dettagli espressivi, la gestualità composta, gli sguardi indagatori, le ambientazioni realistiche, gli artisti riproducono scene di vita vissuta ed effetti di luce che coinvolgono anche i più renitenti. In tal modo, con il nuovo codice stilistico, l’iconografia sacra si adegua al nuovo clima religioso richiesto e suggerito dalle conclusioni del “Concilio di Trento” (1545 – 1563). Attraverso la storia della Redenzione del Cristo, l’esempio dei Santi, la Gloria della Vergine … il popolo viene istruito e sollecitato a ricordare i principi della fede. Lo spettatore dell’opera, finalmente aperta verso il luogo della realtà, è chiamato ad una fruizione attiva, partecipata. Egli deve potersi muovere dentro lo spazio pittorico o nel luogo dell’ambientazione scultorea per sentirsi parte della scena, per contemplare in silenzio, per cercare di parlare con Dio. E’ la “Chiesa nuova”, che ammette il fedele, lo abbraccia, lo ingloba, ma richiede attenzione, uno scambio di umana comprensione, un costante coinvolgimento interiore. Si attraversa insieme il dolore, con il sacrificio e l’abnegazione, per congiungersi a Dio. Ci si abbandona nelle Sue braccia per lasciarsi folgorare dalla Sua luce: ecco l’Estasi. Così, questo silenzioso dialogo diventa “un cammino” fatto insieme al fedele, che lo responsabilizza, lo rende partecipe del suo progetto di salvezza.
In questo progetto della cristianità, furono gli artisti, che meglio di altri, seppero raccontare le tensioni spirituali del loro tempo, e ancora oggi le loro opere ne sono puntuale rivelazione.

Si è trattato di uno degli avvenimenti culturali più importanti dell’anno 2017, che vale certamente ad ascrivere questo comune dell’entroterra siciliano come un vivaio di cultura. E’ una mostra per Troina, che è nata per il vivo desiderio dell’amministrazione comunale con a capo il suo sindaco Fabio Venezia e del professore Paolo Giansiracusa, titolare della Cattedra di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Catania. La mostra – aperta fino al 31 luglio, tutti i giorni tranne il lunedì e anche nei festivi 25 aprile, 1 maggio – ha un primato straordinario che consiste nell’aver messo insieme tutte le traiettorie stilistiche, che vanno dalla fine del Cinquecento alla prima metà del Seicento e nell’aver esposto per la prima volta in Sicilia le opere di Rubens. C’è dunque in questo progetto espositivo, un messaggio civile di rilevante valore lanciato verso l’Italia intera e l’Europa: i territori del sud, le periferie del sistema politico ed economico, possono e devono partecipare alla storia nei suoi risvolti passati e nei suoi programmi futuri. Buona luce.

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