Oricalco: ricchezze sommerse nella Sicilia affossata

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di Luigi Asero

 

La notizia passa, come tante, quasi inosservata. Al largo della costa di Gela (Cl) come segnala il Corriere del Mezzogiorno, sono stati ritrovati ben 47 lingotti di oricalco. Di cosa si tratta esattamente? Intanto andiamo alla definizione e per farlo ci affidiamo a Wikipedia:

L’oricalco è un metallo leggendario menzionato per la prima volta da Platone (in verità è citato già nell’inno omerico ad Afrodite) nel racconto del mito di Atlantide; il termine in seguito è stato ripreso per altri usi. In numismatica, il termine “oricalco” viene utilizzato per indicare una lega di rame e zinco.

Il termine “oricalco” deriva originariamente dal greco antico ορειχαλκος, oréichalkos, “rame dalla montagna” (da ὄρος, óros, “monte” e χαλκός, chalkós, “rame”). Con la successiva trascrizione in latino il prefisso óros venne adattato ad āurum, “oro”, cosicché aurichalcum significava letteralmente “rame d’oro” o “rame dorato”

Quindi la Sicilia ancora una volta sancisce una sorta di legame mitologico con il mondo antico, legame storicamente fondato sulla sua centralità costituendo crocevia obbligato delle rotte commerciali mediterranee. Centralità che ancora ne costituisce la sua “essenzialità” e non è certo un caso che basi militari (straniere) come Sigonella e il MUOS siano ivi installate. Con tutti i limiti che ne derivano, spesso non compresi dalla popolazione e colpevolmente taciute dalla politica nazionale e regionale.

Ma non avveleniamoci pensando alla servitù militare coatta e torniamo al mito e alla scoperta archeologica importantissima. Il ritrovamento è avvenuto venerdì mattina grazie al nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza. O meglio è stato confermato in tale data visto che in effetti già nel 2014 erano stati recuperati i primi 39 lingotti. Adesso sono stati recuperati altri 47 lingotti insieme a due elmi corinzi, un’ampolla massaliota, ovvero dell’antica colonia greca di Marsiglia, in Francia e un’anfora arcaica. I lingotti rinvenuti  in totale quindi, dal 2014 a oggi, sarebbero 86. Il materiale risalirebbe al periodo tra il VII e il VI secolo avanti Cristo.

Non vogliamo qui entrare nella polemica atavica sull’importanza della tutela del patrimonio archeologico, storico e naturalistico della nostra Isola cui cerchiamo -a partire dal nome del nostro giornale- di dare Voce. Però ci preme sottolineare quanto “oro” (inteso come ricchezza materiale e immateriale) contenga il nostro territorio e quanto tutto questo sia volutamente dimenticato da politici e siciliani.
Assistenti e assistiti di una terra che potrebbe essere non crocevia ma Capitale del Mediterraneo. Per patrimonio storico, archeologico, naturalistico, geografico. Assistendo invece impotenti, tra miseria e disoccupazione, tra mala amministrazione e rassegnazione, alla capitale del nulla.
Dal “mito di Atlantide” alla disfatta della Trinacria.

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