Occupazione: il Sud e la Sicilia sempre più in basso

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di Carlo Barbagallo

Scrivevamo alcuni giorni addietro come il ripetuto “allarme povertà” al Sud, in Sicilia in particolare, possa provocare alla fine reazioni impensabili da parte di coloro che si trovano in condizioni di grave disagio.In molti oggi incominciano a chiedersi “a chi giova” il continuo martellare, il battere chiodo su chiodo in maniera incessante ad ogni statistica che i Centri di analisi sottopongono all’attenzione di tutti con il loro rapporti che danno del Sud un’immagine catastrofica. A chi giova “infierire”, a chi giova ricordare continuamente la condizione in cui versa la moltitudine di disoccupati, sottoccupati, senza lavoro, là dove ai dati non si contrappongano urgenti e valide iniziative di Governo (o anche “private”) per uscire dal tunnel della crisi?

Ieri (17 dicembre) un ennesimo articolo sulla delicata questione apparso sul quotidiano La Stampa: una cruda e realistica analisi a firma di Linda Laura Sabbadini con un titolo che la dice lunga,  “Occupazione del Mezzogiorno in caduta libera. Al Nord cresce, al Sud precipita”.

Scrive Linda Laura Sabbadini: (…) Oltre che trasversale, la crisi è stata anche selettiva, colpendo più il Sud del Nord. La forbice si è ampliata e il peggioramento è stato più forte proprio per chi stava peggio. La grave situazione del Sud si protrae da molti anni e ora ha conosciuto una discontinuità di segno negativo. Due fenomeni hanno agito in combinazione, producendo l’ulteriore aggravamento del Sud durante la crisi: la mancata crescita dell’occupazione femminile e il lungo declino di quella maschile (…) Nel 2015, a fronte di un Centro-Nord con oltre 300 mila occupati in più rispetto al 1977, il Sud si presenta con 600 mila occupati in meno. A ciò si aggiunga il forte depauperamento di capitale umano determinato dalla fuoriuscita di numerosi giovani e adulti trasferitisi nel Centro-Nord. Una migrazione di cui poco si è parlato (…) Dobbiamo dircelo, c’è stato un processo di rimozione collettiva che ha riguardato il Sud. Il fatto che la crisi abbia toccato, quasi da subito, le zone più ricche del Paese ha catalizzato l’attenzione, mentre le conseguenze nel Sud sono state in genere sottovalutate. E sono più profonde di quanto non si pensi: la povertà assoluta ha raggiunto il 10%, contro il 6,7% del Nord.

Analisi corretta, derivata dagli elementi forniti dal rapporto dell’Istat, e conclusione del servizio ancora più corretta: Da molti anni si dice, stancamente, che il Sud deve essere visto come una risorsa del Paese. Mai come oggi si deve affermare che se il Sud non sarà messo al centro delle politiche economiche e sociali anche come un’opportunità per gli imprenditori di tutto il Paese e d’Europa, se non si metteranno le mani in questo storico vulnus del nostro sviluppo non usciremo bene da questa crisi. Le conseguenze, anche per le nostre istituzioni democratiche, si faranno sentire.

Lo abbiamo già scritto in tutte le salse e lo ribadiamo ancora una volta: la drammatica condizione in cui vive il Sud e la Sicilia in particolare è più che nota da anni e anni sia ai Siciliani, sia a chi governa la regione, sia a chi governa il Paese: ben poco si è fatto per cambiare lo stato delle cose. Nel corso del tempo sono rimaste sono le promesse dei vari leader politici in occasione delle competizioni elettorali del momento. Ricordare lo stato di mancato sviluppo, porre sempre più in evidenza le condizioni in cui versano centinaia di miglia di giovani, di meno giovani e di anziani, è come girare il coltello nella piaga: “sbandierare” il male che sta distruggendo un territorio, senza possibilità di cambiamento all’orizzonte diventa azione pericolosa e dannosa. E’ come se si “volesse” uccidere definitivamente anche la speranza…

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