La “calcolata” ingerenza USA sul Referendum costituzionale

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di Salvo Barbagallo

 

Non è stata “inopportuna” l’ingerenza USA sul voto referendario istituzionale: per metterci una toppa, si potrebbe (o si dovrebbe?) ritenere l’esternazione dell’ambasciatore statunitense in Italia, John Phillips, una “scivolata” su una buccia di banana, ma noi riteniamo che “scivolata” non sia stata, bensì una “calcolata e ben studiata” dichiarazione a 24 ore dell’annuncio della cena di Stato americana del premier Matteo Renzi con il presidente Obama. Una sorta di avvertimento di un certo “stampo” innominabile? Una minaccia? Possibile, ma da non credere, più che altro (forse) un voler ricordare agli Italiani (non certo all’attuale Governo, che ne è consapevole) quanto pesa in questo nostro Paese (l’Italia) la volontà degli States d’Oltre Oceano. Un “fattore” basilare che, fin troppo spesso, gli Italiani dimenticano e che, fin troppo spesso, viene sottovalutato (se non ignorato) soprattutto da chi fa politica.

John Phillips
John Phillips

Ma cosa ha detto, poi, di tanto eclatante John Phillips? Che  il “No” al referendum sulla Riforma costituzionale sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia. In fondo è la stessa opinione espressa da Edward Parker, managing director di Fitch, che durante una conferenza a Londra ha sottolineato che la vittoria del “NO” al referendum costituzionale avrebbe conseguenze negative per l’economia e il merito di credito dell’Italia: Se ci fosse un voto NO, lo vedremmo come uno shock negativo per l’economia e il merito di credito italiano. Solo un “caso” le due prese di posizioni, quella dell’ambasciatore USA in Italia e quella dell’agenzia internazionale di valutazione del credito? Assolutamente “NO”.

Prevedibili le reazioni.

Protesta Pier Luigi Bersani: Le parole dell’ambasciatore americano sono cose da non credere. Per chi ci prendono? Aver allestito un appuntamento come se fosse un giudizio di Dio, un fatto cosmico, darà fiato alla speculazione finanziaria e a chi vuol mettere le mani sul nostro sistema. Chi ha il potere di farlo deve raffreddare il clima. Il giorno dopo ci sveglieremo come il giorno prima, con gli stessi problemi, le stesse opportunità e con il con il governo che abbiamo adesso…

Interviene Matteo Salvini: Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari suoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato. Spero che a novembre vinca Trump che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua…

Scende in campo Renato Brunetta, che sollecita l’intervento del capo dello Stato: Ricordiamo all’ambasciatore americano Phillips l’art. 1 della nostra Costituzione: la sovranità appartiene al popolo italiano

E Giorgia Meloni: Renzi pretenda le scuse dall’ambasciatore.

E poi anche Maurizio Gasparri: Siamo convinti che oggi come oggi Putin valga mille volte Obama e riteniamo che l’Italia non sia una colonia e che non sia compito dell’ambasciatore americano in Italia pronunciarsi sul referendum costituzionale…

Una tempesta in un bicchiere d’acqua perché gli Italiani hanno la memoria corta, e si scandalizzano solo “accademicamente”. Memoria corta almeno di quegli Italiani che in questa “fastidiosa” circostanza –  da Bersani a Salvini, da Brunetta a Gasparri, eccetera – hanno mostrato di non gradire quella che hanno definito ingerenza dell’ambasciatore statunitense nella vita del Paese.

Sono troppi, moltissimi (soprattutto quelli che siedono in Parlamento) coloro che vogliono ignorare come l’Italia sia da decenni e decenni Paese a Sovranità “limitata”, un Paese che fa “comodo” agli USA, un Paese trasformato dagli USA in un deposito di bombe nucleari, un Paese che ha consentito sul proprio territorio la costruzione di impianti bellici stabili stranieri (ovviamente USA).

Ecco perché si resta meravigliati di fronte alle “reazioni” che si sono alzate da più parti che, forse, dovremmo definire “pretestuose”, e non solo “accademiche”.

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