Chiacchierando con Pippo Franco

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di Giuseppe Stefano Proiti

Pippo Franco è uno degli attori più amati dal pubblico italiano di ogni età. La sua intensa e variegata carriera inizia negli anni ‘60 in cui prende parte ad alcuni musicarelli. Tra gli anni ‘70 e ‘80 egli partecipa alla commedia sexy in cui il pubblico può ammirarlo in compagnia di altri volti molto amati del piccolo schermo come Edwige Fenech, Barbara Bouchet e Gloria Guida.
La popolarità televisiva dell’attore è dovuta prevalentemente alla sua indimenticabile partecipazione alla compagnia teatrale  del “Bagaglino”, che con ironia mette in scena vizi e virtù della società italiana. Ultimamente si dedica al teatro … aspettando la pensione …

Maestro, recentemente è andato in scena al Teatro Stabile di Acireale (Turi Ferro) uno spettacolo – scritto e diretto interamente da lei – molto attuale ed originale: “Svalutescion”. Si ironizza sulla crisi della società odierna: in quest’epoca di decadentismo economico ed etico, quant’è difficile riuscire a far ridere la gente?

  • Certamente è un modo diverso di proporre l’ironia: mentre prima era tutto più facile perché c’erano dei paradossi, adesso questi hanno un fondo di dramma che prima non avevano. Però a maggior ragione il pubblico adesso ha più necessità di ridere di questi drammi o perlomeno di esorcizzarli, di cercare di superarli. Il nostro compito è cercare di dare le chiavi per interpretare la realtà e per suggerire come in qualche modo uscirne dal punto di vista ironico. Nello stesso tempo dobbiamo  anche mostrare la realtà. Quindi ha un duplice aspetto il nostro compito, laddove tutto accade così velocemente: raccontare la realtà per quello che è, ma dal momento che la rappresentiamo sulla scena, vuol dire non solo che la vediamo, ma che possiamo cercare una soluzione. E la soluzione è appunto quella di usare l’ironia – non certo senza responsabilità – per non cadere preda della depressione.

pippo-franco1Quello che lei dice, conferma la sua figura di comico “vecchio stampo”, ne lascia presagire una funzione più impegnativa, una doppia valenza: non alleggerire all’estremo, fino al punto da obliterare, ma obnubilare il fatto, per raccontarlo ora con le nuvole ora con il sole.
In questo sforzo aggiuntivo, c’è del satirico. Ma allora lei si sente più comico o più satirico?

  • Questa è una distinzione che non riesco a fare: non saprei quale delle due abbia prevalenza. La satira viene dall’antica Grecia, questo spettacolo tiene molto presente la nostra storia, anzi parte dalla nostra storia che l’uomo di oggi ha dimenticato, e qui sicuramente c’è il satirico. Poi per vedere la realtà odierna e i suoi paradossi, per vedere in quale trappola è cascato l’uomo, allora lì c’è il comico. Quindi il confine per me è labile, affido alla sensibilità degli altri cogliere l’uno o l’altro aspetto.

Il pubblico televisivo ha avuto modo di apprezzarla come attore comico e conduttore di programmi TV di grande successo come quelli della storica compagnia del “Bagaglino”, nei quali la satira era il piatto forte. A proposito di “Bagaglino”, lei ne è stato una colonna portante assieme a due grandissimi siciliani: Leo Gullotta e Oreste Lionello. Con quali aggettivi descriverebbe questi suoi compagni di scena?

  • Loro sono due grandi talenti completamente diversi, come io ero diverso da loro. Ed era proprio questa nostra diversità che ci completava e che ha determinato il nostro successo, grazie ai testi di Mario Castellacci, di Pier Francesco Pingitore, e anche a come era composto lo spettacolo, soprattutto per la novità che costituiva in televisione. Oreste era profondo, arguto e sottile nella sua comicità, ma pur sempre estremamente efficace. Arrivava con un mestiere straordinario a dire cose con leggerezza. Leo Gullotta era irruento e tutto sopra le righe, ma non poteva non essere così questo personaggio perché il divertimento era proprio questo, era l’esagerazione delle donne di oggi. Peraltro faceva spesso mia moglie, poi ha fatto tanti altri personaggi. Anche lui pieno di talento e di verve nel coinvolgere tutti sulla scena. Poi c’ero io che avevo altri compiti; ecco che questa trilogia ha contribuito a portare nelle case tre personalità divertenti. Ed era un divertimento molto legato all’attualità e attraverso quel programma si rideva delle cose che accadevano magari qualche ora prima e soprattutto si esorcizzava in qualche modo il male. Come a dire: “e allora se ne può anche ridere”… beh, allora si poteva fare … solo che adesso è un po’ più difficile …

svalutescionMaestro, mi sia consentita una battuta: siamo proprio passati dalla famiglia Sgorbiolini al pulcino Pio! Ma Nella TV di oggi, fatta perlopiù di reality e di programmi spazzatura, c’è ancora qualcosa di buono?

  • Francamente non credo, se penso alla realtà contingente l’Italia si è fortemente impoverita. In TV non hanno soldi e nelle bollette viene addirittura inserito il canone televisivo, cosa che prima era inimmaginabile. La TV è priva di spettacoli di varietà; non ci sono più perché non hanno i soldi e la volontà politica di farli. Chi sta dietro i programmi televisivi deve fare odience e l’odience oggi lo fanno i drammi. Oggi se non c’è un omicidio, qualcuno che si spoglia o si mette in ridicolo facendo qualcosa di eclatante, la trasmissione non viene seguita. Gli ascolti per i programmi di varietà sono irrilevanti (circa 2 milioni) rispetto a quelli che facevamo una volta (circa 14 milioni). Quindi la TV è fortemente degradata come è degradato l’uomo. Secondo me sono inguardabili tutti quei programmi in cui si parla sempre di omicidi; questa è una cosa che mi fa paura perché la vita non è solo questo, viceversa ci vogliono far credere che è questo.
    Vi sono poi da aggiungere tutti gli effetti distorsivi della pubblicità che crea desideri assurdi: le pubblicità sono perlopiù sulle macchine, sui cibi, sulle marche dei profumi più noti. Insomma anche qui vi è una sorta di oligopolio, perché resistono solo gli sponsor più forti, che sono sempre gli stessi. Quindi nessun senso di allegrezza, nessun divertimento per le famiglie, tranne le fiction che spesso non sono divertimento ma drammi inimmaginabili e nulla di quel che c’era prima. Tant’è vero che uno dei programmi di maggior successo della TV si chiama “TecheTecheTè” che ripropone tutta la nostra storia, ha una forte audience e ritengo sia un lavoro fatto molto bene.

Prima o poi nella vita di un personaggio del suo calibro arriva l’esigenza di scrivere: nel 2001 lei pubblica “Pensieri per la vita”. In breve, ci sveli quali sono i segreti per vivere …

  • In quel libro pubblicato dalla “Mediterranee” ho esplicitato un percorso di vita interiore, prendendo in esame quattro pensatori, uno dei quali è della nostra epoca ed è un mio amico ingegnere. Ho messo insieme questo tragitto per significare come l’uomo ha necessità di guardarsi dentro. Queste quattro visioni non cattoliche in un certo senso hanno costituito una preparazione a quello che sarebbe avvenuto dopo, ovvero la visione dello Spirito Santo. Ebbene, il libro vuole essere un percorso con degli esercizi spirituali, al termine del quale l’uomo impara a fare introspezione. E ripensandoci non credo di aver sbagliato perché più di una persona mi ha detto: “questo libro mi ha cambiato la vita”!

Insomma, questo suo libro rappresenta un preludio, una sorta di anticamera del suo accostamento alla fede. Il 14 aprile 2015 lei è stato ospite in una trasmissione televisiva (La strada dei miracoli) dove ha parlato del suo incontro con mamma Natuzza, a seguito di un grave episodio familiare. E’ in quel momento che è avvenuta la sua conversione?

  • In verità io non ho avuto una vera conversione, nel senso che sono sempre stato convertito. Quando ero piccolo mia madre mi ha insegnato le preghiere e pregavo, poi però c’è stato un periodo in cui il successo mi ha parecchio allontanato dalla pratica della fede (il successo io lo ritengo senz’altro interessante ma è un qualcosa che al contempo vedo con un po’ di sospetto, perché può essere pericoloso). Quindi sono tornato tutto a un tratto alla pratica, al comprendere in una visione organica tutto il mio cammino interiore e poi mi sono accostato ai mistici, ai veggenti, insieme a tante altre persone dalle quali ho imparato tutto. E’ stato da questo momento che ho visto e ho fatto esperienza del soprannaturale.

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