Per qualche dollaro in più

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Ieri; oggi, per qualche pozzo o “colonia” in più

di Guido Di Stefano

   Ancora una volta richiamiamo un grande lavoro del creativo Sergio Leone, per la viva presenza umana che rende uniche le sue produzioni.

   I suoi personaggi, nel bene e nel male, sono realistici, sono “tangibili”. Sono esseri umani con i pregi e i difetti dell’umanità; hanno nomi, volti, voci, sentimenti; la loro esistenza spazia dalla nobiltà alla miseria.

Vivono la vita quotidiana con i suoi alti e bassi; lottano, vincono o perdono, vivono o muoiono; “scatenano” guerre (anche se ristrette) e sottoscrivono pacificazioni. Insomma non sono invisibili fantasmi, né burattinai nelle tenebre: essi sono quello che sono, si “gloriano” delle  proprie azioni e generalmente ne pagano il fio o ne raccolgono i frutti.

    Sono uomini che operano in nome e per conto proprio, senza nascondersi dietro contorte motivazioni o falso buonismo: solo la vendetta gode dell’intimità del silenzio fino al suo compimento. Alla fine la caccia al “dollaro” si diluisce nel bruciante crogiolo dell’animo umano.

    Gli eroi di Sergio Leone (buoni o cattivi che siano) sono veramente esseri umani avvicinabili, non sono impenetrabili divinità o arcane e maligne  figure di cui al massimo si sussurra che “forse” esistono e che da qualche parte vivono e tirano i fili delle loro inumane auree trame.

   Ma esistevano anche ai tempi dell’epopea del West i “fantasmi”. I piccoli eroi (contadini, allevatori, cercatori d’oro, avventurieri, ecc.) si spingevano (o venivano “spinti”)  verso ovest, seguiti poi dall’esercito e dalla legge, per depredare i  nativi (le nazioni indiane) dei beni, della vita e di quelle terre che poi l’apparato “civile” assegnava ai richiedenti visi pallidi. Già quei visi pallidi che quand’erano ancora deboli furono  accolti fraternamente come ospiti dagli indigeni; e quando divennero più forti si sono mutati in famelici lupi, con un “valido” motivo (o pretesto costruito) sempre pronto a giustificare i progressivi stermini (o genocidio).

   Noi viviamo nell’era della “velocizzazione”. Sicchè siamo costretti a imparare e adeguarci velocemente; però altrettanto velocemente siamo indotti a dimenticare: soprattutto gli effetti dell’incontrollata bramosia di ricchezza e potere.

  Rallentiamo un poco.

  Introduciamo un vecchio detto in versione parafrasata e rivisitata come i tempi richiedono: “Al suono dei metalli perdono la fede i papi (inteso come guide spirituali), la giustizia i re (intesi come responsabili della cosa pubblica) e le virtù le genti (cittadini in genere)”.

   Quindi passiamo a una concisa dissertazione storica. Tutte le guerre note sono state dettate da “esigenze” territoriali ed economiche, non necessariamente ma spesso concomitanti: le altre motivazioni sono da prendere come “chiacchiere capziose, tendenziose e oziose”, salve diverse e inconfutabili argomentazioni.

    Le nascite e le cadute delle dominazioni e degli imperi del passato insegnano. Le stesse crociate rispondevano precipuamente a interessi commerciali ed economici, con seconda finalità non tanto occulta l’esaltazione del potere del papato. Controprova ne fu la VI crociata (1228-1229)definita dallo scomunicato  Federico II, Re di Sicilia,  e  il curdo al-Malik al-Kāmil, Sultano ayyubide nipote di Saladino, mediante un trattato molto vantaggioso per la cristianità, senza spargimenti di sangue.

    Nessuno dei due capi in definitiva credeva nella “bontà” delle guerre.     In ringraziamento Federico II guadagnò una crociata contro si se, voluta e organizzata dal papato (o dalla curia oscura?) e pagata con le offerte (spontanee o meno) dei fedeli.   Il suo torto era di avere dimostrato sul “campo” che Dio non voleva la guerra santa e i conseguenti massacri  e che pertanto erano mendaci tutti i proclami (quasi dogmi) e tutti i “santoni” che Lo chiamavano in causa.

    I due GRANDI hanno dimostrato che i VERI popoli del Mediterraneo sanno dialogare e risolvere diplomaticamente (o meglio pacificamente)le loro controversie quando sanno svincolarsi da pregiudizi e imposizioni, per lo più provenienti orna come prima da quei popoli aggressivi da Roma (inclusa) in su e aggravate ora dai famelici registi operanti a occidente della Vistola fino  allo stretto di Bering.

    Le guerre si sono succedute alle guerre con le stesse cause scatenanti, variamente camuffate. Chi ha tramato nell’ombra per scatenarle?  A distanza di un secolo per la prima e di settant’anni per la seconda nessuno apre i cassetti segreti in merito.

Sarà vero che l’Italia avrebbe ottenuto di più mantenendosi neutrale nella prima guerra mondiale?  Questo non lo sapremo mai! Che dianime: siamo in Italia, terra dei segreti millenari!

    I veri responsabili hanno sofferto e pagato? I due dittatori e alcuni loro “aiutanti” si; i colpevoli vincitori proprio no.

    E’ triste doverlo ammettere ma continuano a operare i registi occulti, invisibili e impuniti perché impunibili per le loro doti di “evanescenza”. Si sente magari il tintinnio dei loro metalli ma essi non si vedono.

    Così dopo due guerre mondiali dichiarate stiamo vivendo la terza che annovera tra le armi: le valute, le materie prime, le produzioni, i commerci, la disinformazione, il cyber-mondo; insomma tutto quanto serve per la “guerra ibrida” e possibilmente asimmetrica.

   Oggi non si può parlare di falchi (guerrieri)  e colombe (pacifici). Oggi, purtroppo, nel mondo spopolano avvoltoi con crescenti corti di corvi e cornacchie.

   Il falco voleva (vuole) sempre prede vive (magari timide colombe) da colpire alla bisogna.

   L’avvoltoio e la sua corte bramano un mondo di morti o di zombi  (in ogni caso cadaveri).

   Il falco si accontentava di qualche dollaro (o qualche preda) in più, condividendo con gli altri (future vittime o concorrenti) i beni della terra.

   L’avvoltoio    vuole tutto il mondo come suo regno, senza concorrenti o antagonisti; e piuttosto che condividerlo lo preferisce  ricoperto di cadaveri di ogni razza e ogni specie.

   Temiamo proprio che sia questo il nuovo ordine mondiale inseguito dagli occulti (ma non troppo) registi: loro soli padroni e dispensatori (“cum grano salis”, con molta parsimonia) dei beni della terra (cibo, fonti di energia, materie prime, preziosi, ecc.); gli altri schiavi ubbidienti (o morti viventi) in un mondo popolato o spopolato a loro discrezione.

   Li possiamo “inquadrare” con un detto popolare: “Mangiano (alias saccheggiano) come se dovessero morire domani e costruiscono (soprattutto un assurdo potere) come se non dovessero morire mai”.

    Sbagliamo noi o sbagliano essi?

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