Terrorismo: quale “soluzione politica”?

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paolo-gentiloniDi Salvo Barbagallo

L’Isis impone il terrore, l’Europa, l’Occidente tutto prende consapevolezza del pericolo, in tanti prima si pronunciano per intervenire militarmente là dove il terrore nasce, poi c’è la marcia indietro e si afferma “l’unica soluzione è politica”. In verità noi non comprendiamo: noi, gente comune minacciata in casa nostra, noi non comprendiamo i sottili meccanismi che animano le azioni di chi governa. Vorremmo capire, ma le risposte agli interrogativi provocano ulteriore confusione.

Ovviamente siamo contro ogni tipo di guerra, non siamo né militari, né politici, siamo dei semplici “operatori” dell’informazione. E qui cade l’asino: quale informazione dare al cittadino che chiede “E ora che succederà?” Non possiamo rispondere da”militari”(non lo siamo), non sappiamo immaginarci “politici” (di casa nostra o d’altri), e quindi non siamo in grado di spiegare, da giornalisti, a cosa equivale nella pratica il detto “l’unica soluzione è politica”.

Le agenzie stampa (Ansa) battono la notizia: “L’Isis vuole utilizzare la Libia per portare “il caos nel sud dell’Europa“: lo rivela il Daily Telegraph, citando documenti segreti dei jihadisti. Secondo uno dei principali reclutatori dello Stato islamico in Libia, l’Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le compagnie marittime e le navi dei Crociati”. Una notizia “fresca” che è già vecchia e scontata: il “pericolo” lo avevamo intuito (e pubblicato) subito dopo l’attentato di Parigi, e il tempo trascorso (quasi due mesi) non sembra sia giovato a chi ha poteri di decisione per affrontare la situazione in modo adeguato e, soprattutto, per trovare una possibile soluzione al problema.

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in una informativa urgente sulla Libia alla Camera, ha affermato: “Chiediamo alla comunità diplomatica di aumentare gli sforzi. Non vogliamo avventure, né crociate, ma l’unica soluzione alla crisi è quella politica e impone un cambio di passo da parte della comunità internazionale”. Gentiloni non spiega quale possa essere il “cambio di passo” che dovrebbe compiere la cosiddetta comunità internazionale, né dà suggerimenti in merito. La polveriera libica è esplosa, e l’esplosione è al centro dell’attenzione dei grandi del mondo: l’Italia, attraverso chi la rappresenta, si è dichiarata pronta ad assumere il ruolo guida nell’ambito di iniziativa dell’Onu: certo a chi rappresenta il Paese forse manca quel bon ton tanto necessario in situazioni drammatiche come quelle che si stanno vivendo. La nostra credibilità, infatti e bisogna prenderne atto, non è al top, e il dimenticato caso dei Marò lo dimostra. Sull’argomento, da giorni e giorni, il premier Matteo Renzi non esprime la sua opinione, dopo la sua (forse troppo a caldo) esternazione d’elmetto e baionetta. Forse qualcuno (?) gli ha consigliato  che è meglio attendere e vedere cosa fanno gli altri per poi scendere in campo con il solito piglio sorridente.

Quale “ruolo-guida” vorrebbe autoassegnarsi in questo frangente chi ci governa? La “soluzione politica” espressa dal ministro Gentiloni non ci pare una “proposta”, ma solo una espressione vuota, vuota nel senso che non ha (almeno fino a questo momento) mostrato dei contenuti. E se non ci sono contenuti non c’è neanche la “proposta”.

Ecco, quel che il cittadino comune si chiede e l’identica cosa che si chiede l’operatore che raccoglie l’informazione: dove stanno le proposte (giuste o sbagliate che possano essere) per risolvere questa grave crisi?

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