Armi chimiche in mano all’Isis

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Vecchia struttura usata nel regime di Saddam Hussein come arsenale chimico
Vecchia struttura usata nel regime di Saddam Hussein come arsenale chimico

Di Salvo Barbagallo

Alti e bassi, le notizie che riguardano il Califfato oscillano nell’attenzione dei mass media (ovviamente) a seconda della loro importanza. L’ultima informazione che proviene dall’altra sponda del Mediterraneo, dalla Libia cioè, non è di certo rassicurante: le milizie dell’Isis si sono impadronite delle armi chimiche di Gheddafi! Non si conosce la “quantità” del materiale trafugato da arsenali militari situati nelle province meridionali della Libia, il guaio maggiore è che di altri arsenali sparsi in quel territorio e noti agli jihadisti ne sopravvivono diversi, e, oltre alle armi chimiche, si sconosce il loro contenuto. A riportare questa notizia, ripresa dai quotidiani europei on-line immediatamente – è il quotidiano panarabo “Asharg Al-Awsat”.

Di che tipo di armi chimiche si tratta? Si parla di iprite e di gas nervino, cioè gas di distruzione di massa.

L’Italia è un grande Paese in condizione di affrontare qualsiasi tipo di minacce“, ha affermato il premier Matteo Renzi: saranno sufficienti queste parole a scongiurare pericoli che pare crescano in maniera esponenziale? Gli italiani si augurano di sì, ma si continuano a chiedere quale “soluzione politica” è possibile adottare in simili circostanze.

“La Repubblica” in un suo articolo, però, rassicura: la notizia del trafugamento di armi chimiche, afferma il quotidiano, “contrasta con quella della distruzione totale dell’arsenale chimica del Colonnello, terminata il 5 febbraio del 2014, come accertarono il direttore generale dell’Organizzazione per la messa al Bando della Armi Chimiche (Opwc), il turco Ahmet Uzumcu, e rappresentati di Usa, Germania e Canada che fornirono assistenza tecnica alla Libia per eliminare i pericolosi gas. Gas eliminati in una zona remota del deserto libico a 640 km a sud-est di Tripoli. Lo stesso Gheddafi aveva iniziato a distruggere il suo arsenale nel 2004, quando temendo di fare la fine di Saddam Hussein, strinse un accordo con Washington per porre fine al suo programma per le armi di distruzioni di massa. In precedenza Gheddati aveva firmato anche accordi con l’Italia tra cui uno nel 1991 per la non proliferazione delle armi chimiche.”.

Il quotidiano “All-Awsat” avanza il dubbio che non tutte le armi chimiche vennero distrutte fino alla scomparsa di Gheddafi (il 20 ottobre del 2011): del micidiale gas ne sarebbe rimasto un buon 40 per cento che doveva essere distrutto nei 3 anni successivi. È probabile che parte di quel quantitativo possa essere sfuggito ai tecnici dell’Opwc che ne controllavano l’eliminazione.

Altra informazione che non rallegra è quella che fornisce il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho: “Frange terroristiche possono avere basi logistiche in Calabria grazie alla ‘ndrangheta“. Cafiero De Raho ha sostenuto che “Il lavoro dell’intelligence in una situazione di sovrapposizione criminale è particolarmente importante. Anzi è lo strumento necessario per poter contrastare efficacemente la criminalità sia mafiosa che terroristica. La ‘ndrangheta può fornire ospitalità ai terroristi in aziende agricole in cambio di droga”.

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