Come volevasi dimostrare: guai a chi si mette contro il MUOS

Condividi questo articolo?

Muos-protesteLe proteste e le decisioni del presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta e dell’assessore Lo Bello non potevano essere che solo di “facciata”, e probabilmente i due protagonisti della politica isolana ne sono stati pienamente consapevoli. il MUOS sarà realizzato a Niscemi e nessun siciliano lo può impedire! Anzi: chi si mette contro, anche se solo in forma pacifica, così come è stato documentato, riceve un bel “foglio di via” dalle forze dell’ordine e non si potrà aggirare nel territorio dove i pericolosi impianti sono in costruzione. Chi ancora blatera sulla “libertà” di dimostrazione dovrà rendersi conto che “libertà” non c’è e che la parola “democrazia”, specialmente in Sicilia, è priva di significato. Crocetta può fare “ordine” negli  apparati della Regione, rinnovando gli organigrammi e licenziando quanti ritiene compromessi (?): questo gli è concesso, ma oltre la “pulizia” interna non può andare: non ha voce in capitolo. Che gli appartenenti ai diversi Comitati “No MUOS” siano stati allontanati dai presidi di Niscemi con tanto di “foglio di via” non deve meravigliare più di tanto: le proteste dei manifestanti sono solo un momentaneo “disturbo”, ma pur sempre un ”disturbo” che occorre eliminare: prima o poi tutto tornerà nella calma, così come è avvenuto tanti, tanti anni addietro per Sigonella. Certamente, sotto elezioni, qualche politico o politicante cavalcherà la tigre del “No MUOS”, ma anche questo è un fatto temporaneo, transitorio. Figurarsi che si possa discutere di queste vicende in Parlamento quando è il Governo nazionale a decidere, così come, nel tempo, ha sempre deciso a danno della Sicilia.

La “buona volontà” di Crocetta e di quant’altri oggi si scontra con una realtà radicata settant’anni fa, all’epoca dello sbarco alleato (estate 1943) e a seguito dell’occupazione militare dell’Isola. Una occupazione – quella da parte statunitense – che prosegue ancora con le installazioni americane sparse nel territorio, grazie a Trattati bilaterali Italia-USA che non hanno tenuto conto di altri Trattati Internazionali (Parigi 1947) nelle cui norme era sancito il divieto di creare basi militari nelle isole italiane (Sicilia e Sardegna). Era il 10 febbraio del 1947, quando venne firmato a Parigi il trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed AssociateIl Che venne ratificato nel 1952 ed il suo contenuto come è ovvio, non è mai stato modificato. L’art 50 al comma 2 recita: “In Sicilia e Sardegna tutte le installazioni permanenti e il materiale per la manutenzione e il magazzinaggio  delle torpedini,delle mine marine e delle bombe saranno demolite o trasferite nell’Italia continentale entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato”.  Ed era solo il 1947! Al comma 3 invece recita: “Non sarà permesso alcun miglioramento o estensione delle installazioni esistenti o delle fortificazioni permanenti della Sicilia e della Sardegna”.

Dei Trattati bilaterali si è avuto conoscenza parziale solo nel 1999, dopo la tragedia del Cermis, in un dibattito alla Camera, quando si parlò del memorandum fra il ministero della Difesa italiano e quello americano, datato 2 febbraio 1995. Un memorandum “politico”, che tratta regole generali, senza rivelazioni su fatti o siti militari. In quella circostanza si parlò di un altro documento, più importante: il “Bia”, del 1954, il “papà” del memorandum, che non venne diffuso in quanto il governo lo consegnò alla Procura militare che stava indagando sulla strage della funivia. Questo documento, più undici annessi per ciascuna base americana in Italia, era stato firmato dall’ambasciatrice Luce e dal ministro Scelba e fu siglato per l’Italia dall’allora sottocapo di Stato maggiore della Difesa generale Francesco Cervoni e dal vicecomandante delle forze armate statunitensi in Europa, generale Charles Boyd. La questione, quindi parte da lontano.

In Italia la NATO (o USA) ha, per quanto si è a conoscenza, 116 strutture in tutto. In Sicilia sono numerose le basi sotto etichetta NATO, e magari non ufficialmente USA: fra le conosciute la più nota è Sigonella in provincia di Catania, al centro di un vivacissimo scontro politico-diplomatico a metà degli anni Ottanta. Sigonella è soltanto la più famosa. Sempre in provincia di Catania basi si trovano a Caltagirone, Vizzini e Motta S.Anastasia. E poi Marina di Marza (Ragusa), Monte Lauro (Siracusa), Niscemi (Caltanissetta), Trapani, Centuripe (Enna), Augusta (Siracusa). Infine tre isole: Lampedusa, Pantelleria e l’Isola delle Femmine.

A fronte di una situazione così complessa appare più che giustificata la previsione che Crocetta o altri politici siciliani non possono mutare lo stato delle cose. Pochi Presidenti della Regione Siciliana hanno provato a farlo: basta ricordarsi di Silvio Milazzo e Rino Nicolosi, che sono stati spazzati via al loro tentativo di applicare le cosiddette prerogative dello Statuto Autonomistico. Crocetta – in buona fede – vuole correre questo rischio? Bene: che vada sino in fondo, con tutti i rischi annessi, se è vero (come crediamo) che sia un politico di razza. In caso contrario, come abbiamo avuto modo di dire, la sua campagna “anti MUOS” è solo di bandiera, di facciata. Alla fine, l’ennesima presa in giro dei Siciliani.

Salvo Barbagallo

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.