I turbamenti di Salvo Andò o la memoria che si perde

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Salvo Andò

L’incalzare degli eventi, il susseguirsi scatenato dei fatti che caratterizzano un particolare momento storico, portano inevitabilmente alla perdita della memoria? È un interrogativo pleonastico e artificioso, ma è pur tuttavia vero che la memoria si può perdere, e le cause possono essere diverse. La memoria riveste un ruolo molto importante nella vita di tutti i giorni: dimenticare è facile. Le dimenticanze possono verificarsi a qualsiasi età: un certo grado di smemoratezza è normale con l’avanzare degli anni. Lo stress, la depressione,  l’abuso di alcolici o altre cause indotte, possono, poi, contribuire alla perdita della memoria. Tutto ciò rientra nell’ordine delle cose.

Ci sono casi in cui si vuol cancellare una memoria, oppure, al contrario, si vuol mantenerla viva. Oppure, ancora: ci sono cose che si vogliono dimenticare, altre che si vogliono ricordare, altre che vengono letteralmente rimosse dalla mente.

Questo “pistolotto” sulla memoria scaturisce dalla lettura di una intervista ad un noto personaggio della politica italiana, l’ex ministro Salvo Andò, un uomo di indiscusso valore e fervida intelligenza che è riuscito a cavalcare – a volte bene, a volte male – l’onda per diversi decenni. L’intervista porta la firma di Salvatore Parlagreco e l’abbiamo letta su “SiciliaInformazioni.com”. Interessante titolo e tema: “Trattativa Stato-mafia? In Cdm, da Amato o Parisi mai una parola”.

Dell’intervista di Parlagreco estrapoliamo alcune risposte di Salvo Andò sulla delicata questione della trattativa mafia-Stato perché ci appaiono significative:

“Mai, in  nessuna occasione, nemmeno una volta, l’argomento è stato affrontato o è stato appena sfiorato. Mi chiedo come sia possibile. Ero il ministro della Difesa nel governo presieduto da Giuliano Amato nel bienno 92-93”…

“Il silenzio su tutta la vicenda è inspiegabile. Ero membro del governo ed avevo grosse responsabilità”…

“Nel mio ruolo avrei dovuto essere messo a parte di ciò che avveniva. Invece niente. Ero in ottimi rapporti con il capo della polizia, Parisi. Parlammo di tante cose, la trattativa non fu mai accennata da Parisi”…

“Prevale l’inquietudine, il turbamento, il sapere di essere stato dentro l’evento e di non averlo vissuto nemmeno in minima parte, nonostante la rilevanza dello stesso. Mi faccio molte domande…”…

“Chi stabilisce quando i tempi della verità sono maturi, che la misura è colma oppure che non è il momento giusto? Chi decide quando certe cose bisogna saperle e quali moventi provocano le decisioni?”…

“Credo che ci siano uomini e luoghi deputati alle decisioni. E non è detto che siano sempre gli stessi.”…

Ora è il cane che si morde la coda? Quel che turba, alla fine, sono gli interrogativi che si pone l’ex ministro della Difesa Salvo Andò:  “Chi stabilisce quando i tempi della verità sono maturi, che la misura è colma oppure che non è il momento giusto? Chi decide quando certe cose bisogna saperle e quali moventi provocano le decisioni?”… Se neppure un Uomo che ha ricoperto ruoli importanti nella vita del Paese sa rispondere a questi interrogativi, come può farlo il cosiddetto Uomo della strada, il cittadino “normale” che ha problemi di sopravvivenza? Quel che vale per Salvo Andò, ovviamente, vale per tutti coloro che hanno occupato un posto nel Parlamento nazionale.

Dalla nascita della Repubblica Italiana, infatti, nei Governi che si sono succeduti nel corso dei decenni, molti Siciliani hanno ricoperto ruoli ministeriali: da Salvatore Aldisio a Bernardo Mattarella, da Pompeo Colajanni a Mario Scelba, da Gaetano Martino a Domenico Macrì, da Salvatore Lima a Giuseppe Azzaro, da Calogero Mannino a Nicola Capria, da Carlo Vizzini a Nicolò Grassi Bertazzi, da Sergio Mattarella a Luigi Foti, da Salvo Andò a Vito Riggio, da Ilario Floresta a Domenico Nania, da Anna Finocchiaro a Salvatore Cardinale, da Enzo Bianco a Antonino Cuffaro, da Gianfranco Micciché a Adolfo Urso, da Ignazio La Russa a Stefania Prestigiacomo, per citare solo alcuni nomi di ministri e sottosegretari prima dell’avvento di Monti. Siciliani che hanno rappresentato la Sicilia nel Governo nazionale, tutti personaggi illustri anche se, a conti fatti, la Sicilia di benefici ne ha avuti ben pochi. Ma, a parte questa considerazione “qualunquistica”, c’è da chiedersi se questi personaggi (e i tanti, tanti non citati) fossero a conoscenza di cosa facessero gli apparati dello Stato che rappresentavano. Se la risposta è “no”, c’è da chiedersi come hanno vissuto il loro ruolo istituzionale e se hanno rispettato con coscienza il mandato loro affidato.

La memoria si perde, volutamente o no, qualche volta riaffiora forse involontariamente, forse perché ci sono cose che non possono essere nascoste. Conveniamo con Salvo Andò quando sostiene “Credo che ci siano uomini e luoghi deputati alle decisioni…”. Questa affermazione determina un’altra domanda: dentro lo Stato, o al di fuori?

Salvo Barbagallo

Necessario “ricordare” chi è, e chi è stato Salvo Andò? Prendiamo in prestito le note di “Wikipendia”.

Salvo Andò è nato a Giarre il 13 febbraio del 1945,  un politico, giurista e docente universitario italiano. Esponente di primo piano del Partito Socialista Italiano, figlio del primo sindaco socialista di Giarre Biagio Andò. Eletto alla Camera per la prima volta nel 1979, è stato deputato per quattro legislature. È stato vicepresidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2. È stato presidente del gruppo parlamentare del PSI dall’aprile al giugno 1992. E’ stato ministro della Difesa nel primo governo Amato dal giugno 1992 all’aprile 1993. Nel corso del suo mandato, a seguito dell’inasprimento della guerra alla mafia segnata dagli attentati in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fu deciso per la prima volta l’intervento massiccio dell’Esercito per svolgere funzioni di ordine pubblico. Dopo lo scioglimento del Partito Socialista Italiano è rimasto nell’area socialista, promuovendo la nascita (1998) dei Liberalsocialisti, movimento poi confluito (2003) nei Socialisti Democratici Italiani, divenendo presidente della commissione per il programma dello SDI e componente della Direzione della Rosa nel Pugno. Dopo le esperienze quale sostenitore critico del governo di centro-destra nel 2001 attraverso il movimento dei Liberalsocialisti, è entrato nel 2003 nello SDI e è poi stato membro del Partito Democratico dal 2007 al 2008. La sua adesione al PD ha creato numerosi dibattiti sul suo contestato passato ruolo politico. Nel 2010 ha iniziato ad impegnarsi per creare una rete dei Circoli Socialisti presenti in Sicilia. È stato membro del Partito Democratico. Nel contesto del periodo di Mani pulite degli anni Novanta è stato processato dal tribunale di Catania per voto di scambio con il clan mafioso «Santapaola»: il procedimento, durato 7 anni, è terminato il 6 giugno 2000 con l’assoluzione. Il pubblico ministero nella sua requisitoria aveva definito il reato provato, ma caduto in prescrizione, trattandosi di fatti del 1989. Requisitoria che non convinse il magistrato giudicante, che pronunciò sentenza di assoluzione. Docente nell’ateneo di Malta, nominato professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Catania nel 2005, è stato eletto rettore dell’Università Kore di Enna già nel 2004. È stato anche docente presso la facoltà di scienze politiche dell’Libera Università degli Studi per l’Innovazione e le Organizzazioni di Roma. È titolare dalla cattedra di Diritto Pubblico Comparato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Kore di Enna.

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